~ ..la Volpe Funambola ammazzaprincipi.. ~
~ Fragile ~

"...Sometimes it feels it would be easier to fall
than to flutter in the air with these wings so weak and torn..."

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- EviLfloWeR -

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Lunacy Ph

"Do asilo dentro di me come a un nemico che temo d’offendere,
un cuore eccessivamente spontaneo
che sente tutto ciò che sogno come se fosse reale;
che accompagna col piede la melodia
delle canzoni che il mio pensiero canta,
tristi canzoni, come le strade strette quando piove.
"

- F. Pessoa -

~ REMEDY LANE ~

- We’re going nowhere...All the way to nowhere –



"Forse sono l’uomo con le leggendarie quattro mani
Per toccare, per curare, implorare e strangolare.
Ma io non so chi sono,
e tu ancora non sai chi sono..."

F. R.

giovedì 30 giugno 2011

Let’s grow cold

Thursday, March 17, 2011 - ore 16:09


"You’re the pearl in the trashcan of my life
I am the beggar a useless stain in time
Can’t you see how I grieve...
What you mean to me?

Let’s grow cold together - alone

The rain it beats...
Ripping flesh down to the bone
Leaving me hanging onto you
I pray to keep the beating of this tired heart
Long enough, so I can live this through

You’re my world... the bullet in my gun
I am the doubt... black is my sun
Can’t you see how I need you to bury me?"


L’unica perla in mezzo alla spazzatura della mia vita
continua a brillare e a rimanermi nel cuore.

Si può essere felici pur senza smettere di sentirsi tristi.
Ci si può sentire fortunati pur avendo perso tutto.

E’ quel che si da alle persone che conta, è quello scambio che si fa senza accorgersene, quel modo di crescere insieme imparando a vedere le cose attraverso occhi riflessi.

E’ la lucidità del visionario che cerca di darsi una ragione.


"Let’s grow cold together - Alone"


* . * . * . *




"L’ho già detto? Imparo a vedere.."

Non brucia più, adesso vedo tutto.
Ti vedo.
Non vali niente.

Perchè accontentarsi di un grano che non fa nemmeno sorridere
quando si possono avere le stelle?

Io non vinco, ma tu perdi di più.

* . * . * . *


Non voglio più fare la volpe.
Voglio i sonagli che ridono, milioni di sonagli.


"Sai, è questa la dannazione del filosofo: la consapevolezza."


* . * . * . *


Poi, fu il duello. Ettore e Ulisse disegnarono per terra il campo su cui i duellanti avrebbero combattuto. Poi misero in un elmo le tessere della fortuna, e dopo averle scosse, Ulisse, senza guardare, estrasse il nome di chi avrebbe avuto diritto a scagliare per primo la lancia mortale. E la sorte scelse Paride. I guerrieri si sedettero tutt’intorno. Vidi Paride, il mio nuovo sposo, indossare le armi: prima le belle gambiere, allacciate con fibbie d’argento; poi la corazza, sul petto; e la spada di bronzo, borchiata d’argento e lo scudo, grande e pesante. Si pose sul capo lo splendido elmo: la lunga criniera ondeggiava al vento e faceva paura. Infine prese la lancia, e la strinse in pugno. Di fronte a lui, Menelao, il mio vecchio sposo, finì di indossare le sue armi. Sotto gli occhi dei due eserciti, avanzarono uno verso l’altro, guardandosi con ferocia. Poi si fermarono. E il duello iniziò. Vidi Paride scagliare la sua lunga lancia. Con violenza si conficcò nello scudo di Menelao, ma il bronzo non si squarciò, e la lancia si ruppe e cadde a terra. Allora Menelao sollevò a sua volta la lancia e la scagliò con forza enorme contro Paride. Centrò in pieno lo scudo e la punta mortale lo squarciò, e andò a infilarsi nella corazza colpendo di striscio Paride, al fianco. Menelao estrasse la spada e gli balzò addosso. Lo colpì con violenza sull’elmo, ma la spada si spezzò. Lui imprecò contro gli dei e poi con un balzo afferrò Paride dalla testa, stringendo tra le mani lo splendido elmo chiomato. E iniziò a trascinarlo via così, verso gli Achei. Paride sdraiato, nella polvere, e lui a stringergli l’elmo in una morsa micidiale e a trascinarlo via. Finché la cinghia di cuoio che teneva fermo l’elmo sotto il mento si ruppe, e Menelao si trovò in mano l’elmo, vuoto. Lo alzò al cielo, si voltò verso gli Achei e roteandolo in aria lo gettò in mezzo ai guerrieri. Quando si voltò di nuovo verso Paride, per finirlo, si accorse che era scappato, scomparendo tra le file dei Troiani.
Fu in quel momento che quella donna sfiorò il mio velo e mi parlò. Era una vecchia filatrice, era venuta con me da Sparta, mi cuciva splendide vesti, laggiù. Mi voleva bene, e io avevo paura di lei. Quel giorno, lassù, sul torrione delle porte Scee si avvicinò e a bassa voce mi disse “Vieni, Paride ti aspetta nel suo letto, si è messo le vesti più belle, più che da un duello sembra tornato da una festa”. Io rimasi allibita. “Sciagurata”, le dissi, “Perché vuoi tentarmi? Saresti capace di portarmi anche in capo al mondo, se là ci fosse un uomo che ti è caro. Adesso, perché Menelao ha sconfitto Paride, e vuole riportarmi a casa, vieni da me a tramare inganni... Vacci tu, da Paride, perché non lo sposi, o magari diventi la sua schiava? Io non ci andrò, sarebbe indegno. Tutte le donne di Troia proverebbero vergogna per me. Lasciami stare qui, con il mio dolore.” Allora la vecchia donna mi guardò furente. “Sta’ attenta”, mi disse, “E non farmi arrabbiare. Potrei abbandonarti qui, lo sai, e seminare odio ovunque, fino a quando non ti troveresti a morire di mala morte.” Mi faceva paura, l’ho detto. I vecchi, spesso, fanno paura. Mi strinsi sul capo il velo bianco splendente e la seguii. Stavano tutti guardando giù, verso la piana. Nessuno mi vide. Andai nelle stanze di Paride e lo trovai là. Una donna che l’amava l’aveva fatto entrare a Troia, da una porta segreta, e l’aveva salvato. La vecchia prese un sedile e lo mise proprio davanti a lui. Poi mi disse di sedermi. Io lo feci. Non riuscivo a guardarlo negli occhi. Ma gli dissi: “Così sei scappato dalla battaglia. Vorrei che tu fossi morto là, ucciso da quel guerriero magnifico che è stato io mio primo marito. Tu che ti vantavi di essere più forte di lui... Dovresti tornare là, e sfidarlo ancora, ma sai benissimo che sarebbe la tua fine”. E mi ricordo che Paride, allora, mi chiese di non fargli del male con le mie offese crudeli. Mi disse che Menelao aveva vinto, quel giorno, perché gli dei erano stati dalla sua parte, ma che magari la prossima volta a vincere sarebbe stato lui, perché anche lui aveva degli dei amici. E poi mi disse: vieni qui, facciamo l’amore. Mi chiese se mi ricordavo la prima volta che l’avevamo fatto, sull’isola di Crànae, proprio il giorno dopo che mi aveva rapita. E mi disse: neanche quel giorno io ti ho desiderata tanto come ti desidero adesso. Poi si alzò e andò verso il letto. E io lo seguii.
Lui era l’uomo che in quel momento tutti, laggiù nella pianura, stavano cercando. Era l’uomo che nessuno, né Acheo né Troiano, avrebbe aiutato o nascosto, quel giorno. Era l’uomo che tutti odiavano, come si odia la nera dea della morte.

(Omero - Iliade - by Alessandro Baricco)

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