~ ..la Volpe Funambola ammazzaprincipi.. ~
~ Fragile ~

"...Sometimes it feels it would be easier to fall
than to flutter in the air with these wings so weak and torn..."

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Lunacy Ph

"Do asilo dentro di me come a un nemico che temo d’offendere,
un cuore eccessivamente spontaneo
che sente tutto ciò che sogno come se fosse reale;
che accompagna col piede la melodia
delle canzoni che il mio pensiero canta,
tristi canzoni, come le strade strette quando piove.
"

- F. Pessoa -

~ REMEDY LANE ~

- We’re going nowhere...All the way to nowhere –



"Forse sono l’uomo con le leggendarie quattro mani
Per toccare, per curare, implorare e strangolare.
Ma io non so chi sono,
e tu ancora non sai chi sono..."

F. R.

giovedì 30 giugno 2011

Sacred geometry…

Friday, April 15, 2011 - ore 18:45

…where movement is poetry.





Il Labirinto di Cnosso è un leggendario labirinto, che secondo la mitologia greca fu fatto costruire dal Re Minosse sull’isola di Creta per rinchiudervi il mostruoso Minotauro.

Minotauro o Asterio, che significava "Re delle Stelle", figlio di Pasife - "Colei che rischiara tutto", appellativo della dea lunare e di un Toro bellissimo, sotto le cui spoglie era Zeus per possederla.

Il labirinto era un intrico di strade, stanze e gallerie, costruito dal geniale Dedalo con il figlio Icaro, i quali, quando ne terminarono la costruzione, vi si trovarono prigionieri. Dedalo costruì delle ali, che appiccicò con la cera alle loro spalle, ed entrambi ne uscirono volando.





Il Minotauro divorava ogni anno sette fanciulli e sette fanciulle di Atene, finché Teseo, aiutato da Arianna, non l’uccise.
Teseo riuscì a uscire dal labirinto solo grazie al filo che Arianna gli aveva dato e che aveva lasciato scorrere lungo il percorso.
Una volta ucciso il Minotauro, Teseo seguì la strada indicata dal filo.






Sin dall’epoca in cui è nata la favola di Minos e del Minotauro, racchiuso nel labirinto dove, con l’aiuto dell’amore e dell’inganno, scenderà a cercarlo e a ucciderlo l’eroe solare Teseo, il simbolo del Toro-uomo, segno di forze ctonie che tentano un’estrema rivolta contro l’uomo ordinatore, soggetto agli dèi, ma insieme allievo di Prometeo e dei primi legislatori ha occupato la mente degli uomini, ispirando innumerevoli poeti, favolisti e pittori.

In effetti, i simboli essenziali dell’uomo e i miti antichi che li esprimono hanno una forza primigenia che è come radicata nel profondo dell’animo e continuano a possederlo e commuoverlo anche quando il loro significato sembra dimenticato, ossia quando quei miti non hanno più, all’apparenza, la carica sacrale, l’energia religiosa che ne avevano accompagnato la nascita.





Così, la leggenda del labirinto e del Minotauro ha attraversato integra più di tremila anni di storia. «E forse il racconto più popolare dell’antichità», dice Samivel, «e il suo successo non è certamente dovuto al caso.
In verità, esso contiene un tema mentale di portata e risonanza universali, un misto di angoscia e di speranza capace di nutrire una specie di incubo intellettuale prossimo alla pazzia e insieme, su un altro piano, la meditazione dei saggi.
E tutto ciò grazie a una sola immagine, in fondo alla quale giace ’Qualche Cosa’, forse il Mostro, forse il Tesoro, forse entrambe le cose.»

E anche: l’animalità, la sua tristezza, la sua innocenza, per quanto gravate da una sorte atroce; ed è un’animalità condivisa dall’umanità. Poiché, se il Minotauro nacque, innocente e vittima, da un connubio orrendo, perché deve espiare una colpa non sua?
Se tuttavia la deve espiare, nessuno di noi è, in fin dei conti, né più né meno responsabile di lui, e quindi nessuno di noi è responsabile: eppure incombe sopra di noi la stessa Moira.





In effetti; la storia del Minotauro è un mysterium tremendum. Ci attira e ci respinge. È mirum, è admirandum, è fascinans; di fronte all’animalità e insieme umanità del mito, noi siamo colpiti, a un tempo, da tremor e stupor per usare la terminologia di R. Otto. «Che cos’è ciò che traspare fino a me e mi colpisce il cuore senza ferirlo? Timore e ardore mi scuotono: timore per quanto ne sono dissimile, ardore per quanto ne sono simile» (Agostino, Conf., II, 9,1).

Mistero del diverso, incompreso e inspiegato, alieno e alienante, interamente avulso da quanto ci è familiare e noto. Pesa sul Minotauro il fato dell’innocente, dell’innocentemente crudele, dell’essere incolpevole condannato dagli dèi a essere crudele e insieme a essere colpito per quella crudeltà.

Grava su di lui la colpa di lussuria della madre e del mondo; si manifesta in lui non solo il destino della bestia - che è quello di essere sacrificata - ma anche il prorompere della bestialità nell’uomo; bestialità che, in quanto tale, deve essere punita con la morte: ed è una morte insieme necessaria e ingiusta.

Nel Minotauro infelice, abitatore delle tenebre inestricabili, confinato in fondo a un inremeabilis error, noi che forse ci credevamo innocenti veniamo inviluppati in colpe oscuramente accumulate.





Però, se siamo Minotauro, siamo anche il vittorioso Eroe solare. Anche a noi Eros ha fatto avere un lungo filo che ci condurrà fino al mostro, e quando lo avremo vinto con la nostra spada lucente quel filo ci farà tornare alla luce e lasceremo indietro, nell’oscurità eterna, il corpo ormai immobile della bestialità debellata.

L’amore ci condurrà sino in fondo, sino alle ultime caverne nascoste dei nostri sentimenti meno umani e, uccisa l’animalità, ci farà tornare sotto il cielo lucente. Quale simbolo più bello di questo?





Ma, dopo la vittoria, torna ancora nel nostro cuore sensibile la pietà per quella morte, per ogni morte; e forse anche una nostalgia per le tenebre abbandonate, un oscuro sentimento di tenerezza per la vita mostruosa che abbiamo distrutto in noi e abbandonato.
Nella notte in cui è stato celebrato quel sacrifìcio, il lato infernale del nostro essere piange sul corpo del mostro. La sua morte lo innalza e glorifica.
Ieri, oggi: validità profonda che è come l’essenza simbolo e segno del mito vivente.

“Il Libro dei Labirinti, Storia di un Mito e di un Simbolo” di Paolo Santarcangeli





"L’orrore è la parte migliore dell’uomo.

Quanto più il mondo ne rafforza la percezione

tanto più profondamente egli è turbato dal portento."


(Wolfgang Goethe)


Location: Villa Pisani, Strà. (Foto)

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