~ ..la Volpe Funambola ammazzaprincipi.. ~
~ Fragile ~

"...Sometimes it feels it would be easier to fall
than to flutter in the air with these wings so weak and torn..."

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Lunacy Ph

"Do asilo dentro di me come a un nemico che temo d’offendere,
un cuore eccessivamente spontaneo
che sente tutto ciò che sogno come se fosse reale;
che accompagna col piede la melodia
delle canzoni che il mio pensiero canta,
tristi canzoni, come le strade strette quando piove.
"

- F. Pessoa -

~ REMEDY LANE ~

- We’re going nowhere...All the way to nowhere –



"Forse sono l’uomo con le leggendarie quattro mani
Per toccare, per curare, implorare e strangolare.
Ma io non so chi sono,
e tu ancora non sai chi sono..."

F. R.

domenica 13 novembre 2011

Le Renard



Antoine De Saint-Exupéry: Lione, 1900-nel cielo di Francia, 1944.

Fin dal mio primo approccio con lo scrittore Antoine De Saint-Exupéry, romantico aviatore appassionato di volo, disegno e penna, della sua biografia mi aveva sempre colpito un elemento in particolare, la vaghezza del luogo della sua morte; qualunque testo aprissi su di lui trovavo, infatti, indicata la località in cui era nato, ma non quella in cui era morto.

E’ noto che Saint-Exe, come affettuosamente lo chiamano in Francia, scomparve durante una missione di guerra, ma ignote restano le cause; tra le tante ipotesi due le più attendibili: la prima è che sia stato abbattuto in volo da un aereo tedesco, la seconda, caldeggiata dallo scrittore Jules Roy nel suo libro " Passion et mort de Saint-Exupéry", sostiene che lo scrittore abbia deviato per vedere i luoghi della sua infanzia e sia precipitato in mare per un guasto al motore, mentre sfuggiva alla contraerea tedesca.



Qualunque delle due ipotesi fosse quella giusta, per me restava il fatto concreto della sua scomparsa in mare e la vaghezza del luogo della sparizione, da qualche parte, nel meraviglioso cielo della Francia, che si caricava d’un significato simbolico e misterioso che lo legava ancor di più alla sua creatura letteraria, al Piccolo principe proveniente da un mondo misterioso, un asteroide sconosciuto, verso il quale ritornerà, misteriosamente come ne è arrivato.

Ebbene, nell’estate del 2001, inaspettatamente, al largo di Marsiglia, insieme ad altri suoi effetti personali, il mare restituì parti del suo velivolo; finalmente si poteva, finalmente potevo, dare un nome al luogo della sua scomparsa: Marsiglia!

(...) il libro più famoso di Antoine De Saint-Exupéry, Il Piccolo Principe, autentico capolavoro, scritto da Saint-Exe non per l’amico divenuto adulto, come recita la dedica, ma per quando l’amico era ancora bambino, pubblicato per la prima volta nel 1943 e consacrato subito, anche dallo stesso scrittore, libro per l’infanzia, ed è in quest’ottica che è stato letto da intere generazioni di adolescenti, commentato in quasi tutte le scuole secondarie e tradotto in 103 lingue (c’è persino una traduzione recentissima in dialetto napoletano ed un’altra addirittura in "tifinagh", la lingua parlata dai Tuareg).



E’ una favola scritta per i bambini, perché, come dice l’autore, gli adulti vogliono vedere solo fatti certi e sicuri e, in un disegno loro sottoposto, in una forma che assomiglia ad un cappello, vedono solo il cappello, e non il boa che ha inghiottito l’elefante, una favola delicata e moderna dedicata ai grandi che sono stati bambini una volta e poi se ne sono dimenticati, scaturita dal bisogno dell’autore di esprimere poeticamente la necessità per l’umanità di riscoprire i sentimenti dell’amore e dell’amicizia (Create dei legami perché non esistono venditori di amici, Il Piccolo principe), che vanno coltivati, alimentati, nutriti, addomesticati, proprio come fa il Piccolo principe con la sua rosa, e la volpe col piccolo principe.

Nel libro lo scrittore descrive un ometto biondo, un minuscolo e candido bambino dai capelli d’oro e dalle guance del colore della porpora ( il "bambino del suo cuore", come amava definirlo, che spesso aveva disegnato fino a dargli poi l’immortalità rendendolo il protagonista, proveniente da B 612, un asteroide sconosciuto e lontanissimo dai quarantatrè tramonti, dal quale s’è allontanato per sfuggire ad una rosa di cui s’è innamorato), che si presenta al narratore in pieno deserto del Sahara, dov’è stato costretto ad atterrare per un guasto al motore del suo apparecchio.



Prima di approdare sulla Terra, il Piccolo principe ha molto vagato negli spazi e, di asteroide in asteroide, di pianeta in pianeta, di viaggio in viaggio, ha incontrato i mondi e i personaggi più disparati: un re senza corona e senza sudditi desideroso soltanto del comando, un vanitoso perso nella contemplazione di sé, un ubriaco che beve per dimenticare di essere un alcolizzato, un uomo d’affari occupato solo a calcolare all’infinito un infinito numero di stelle, un lampionaio che accende e spegne un unico fanale perché così gli è stato ordinato, ed infine un saggio, un geografo che gli consiglia di visitare il pianeta Terra, perché gode di una buona reputazione.

Ed è proprio sulla Terra che, dopo aver fatto numerosi incontri, alla ricerca di amici, avviene l’incontro più significativo, quello con la volpe.
La volpe gl’ insegna il significato che bisogna dare alla vita mediante i riti, talvolta trascurati o dimenticati, dell’amicizia e dell’amore, che consentono di "addomesticare", cioè di creare dei legami e quindi di conoscere realmente le cose, piano piano, giorno dopo giorno.



Alla fine dell’incontro, prima di congedarsi definitivamente, la volpe gli rivela il suo semplice segreto per cogliere "l’essenziale" delle cose:

<<Addio, disse la volpe. Ecco il mio segreto. E’ molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi.>>
<<L’essenziale è invisibile agli occhi>> ripeté il piccolo principe, per ricordarselo.
<<E’ il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante.>>
<<E’ il tempo che ho perduto per la mia rosa>>…sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.
<<Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa.>>
<<Io sono responsabile della mia rosa>>…ripeté il piccolo principe per ricordarselo.

Forse non tutti sanno che "Il Piccolo Principe" rappresentò per lo scrittore una sorta di prova d’amore per riconquistare la moglie, dopo un periodo di distacco durato cinque anni, nel quale aveva ripreso la sua vita da celibe, accordando alla donna libertà totale.
Dopo il periodo di ritrovato celibato, Saint-Exe ritornò da lei, e scrisse il libro.

Sotto il velo dell’allegoria, paragonandola alla rosa della storia, vanitosa, bugiarda, possessiva, tiranna e presuntuosa, volle dirle che, con tutti i suoi difetti, ella era diversa da tutte le altre e questa differenza risiedeva proprio nel fatto che lui l’aveva scelta tra tante, e che lei, a sua volta, era stata catturata da lui, scelta e, dunque, prescelta.

Qualunque siano le ragioni o le cause reali che hanno prodotto tale opera, la fiaba, che mescola elementi di fantasia e di parabola allegorica, intrisa com’è di simboli si presta a molteplici interpretazioni, ma forse il modo più bello di recepirla resta proprio quello di leggerla come una bella favola per bambini, guardando al Piccolo principe e alla volpe come personaggi da fiaba che, come in un apologo morale, hanno qualcosa da insegnare anche agli adulti.



Il Piccolo principe cerca gli uomini, cioè la legge per vivere nel mondo degli uomini, e la volpe, saggia e non astuta come nelle favole tradizionali, spiega il modo attraverso il quale è possibile la conoscenza, tramite "l’addomesticare"; certo, la conoscenza implicherà poi anche la sofferenza, ad esempio quella del distacco, ma varrà la pena soffrire se poi in cambio si guadagnerà "il colore del grano", vale a dire una nuova visione delle cose.

<<…I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai dei capelli color dell’oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano…>>

(Francesca Santucci)



In questo regno diviso tra tenebre e stelle, ammantato di nebbia e irradiato di sole, quanti uomini sanno contare, regnare, bere, vivere, amare?

Solo coloro che hanno imparato a trovare le tracce di una volpe sanno cosa significhi amare senza possedere, desiderare senza sacrificare.

E unicamente una volpe addomesticata può sorridere dei colori del grano, celando in quel sorriso il segreto di una felicità che non contempla più soltanto sé stessa.

La saggezza arriva alla fine di una strada tortuosa, nascendo da campi senza grano, e passando attraverso le vite di uomini piccoli quanto i loro minuscoli pianeti.

La saggezza arriva infine per la volpe, scorrendo lungo il dorso ammantato di soffice pelo rossiccio, mischiandosi al peso del dolore, dell’amore, di tutto il sentire che su quella fragile schiena si è accumulato.

La saggezza contempla l’amore, ma l’amore non contempla nient’altro che sé stesso e il suo esistere, in tutti i colori e le forme del grano, del cielo, delle stelle.
In tutti i nomi che, in suoni ogni volta diversi, richiamano un solo nome.
In ogni attesa, in ogni anelito, in tutta l’immensità del vento tra le spighe che nessuno possiede, ma che la volpe adesso può avere, ogni volta che lo desidera.


(Wra! )

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