~ ..la Volpe Funambola ammazzaprincipi.. ~
~ Fragile ~

"...Sometimes it feels it would be easier to fall
than to flutter in the air with these wings so weak and torn..."

Original Blog -> Nepenthe


- EviLfloWeR -

* photos on flickr *
Lunacy 2 - Lunacy 3 - Lunacy 4
Lunacy 5 - Lunacy 6 - Lunacy 7 - Lunacy 8
Lunacy Ph

"Do asilo dentro di me come a un nemico che temo d’offendere,
un cuore eccessivamente spontaneo
che sente tutto ciò che sogno come se fosse reale;
che accompagna col piede la melodia
delle canzoni che il mio pensiero canta,
tristi canzoni, come le strade strette quando piove.
"

- F. Pessoa -

~ REMEDY LANE ~

- We’re going nowhere...All the way to nowhere –



"Forse sono l’uomo con le leggendarie quattro mani
Per toccare, per curare, implorare e strangolare.
Ma io non so chi sono,
e tu ancora non sai chi sono..."

F. R.

sabato 25 febbraio 2012

Down this Road once again


Ho già la testa colma di musica quando le luci si spengono e il concerto comincia. Non posso fare a meno di riempire almeno una piccola parte delle mie giornate con quelle note che tanto agevolmente sanno prendere la forma delle mie emozioni.
Una nota per ogni sorriso, per ogni lacrima, per ogni pensiero.
Una parola per ogni strada che ho percorso, per ogni svolta, per ogni caduta lungo la via.

Ho già il cuore gonfio, straripante di musica e di voglia di Pain of Salvation, una volta ancora, lì davanti a me.
E le luci si spengono, il concerto inizia: la voce arriva accarezzando sottili corde che vibrano di vita, la musica si annuncia libera e perfetta, l’energia è dirompente.



- Softly She Cries –


Lei si versa un altro bicchiere di vino
dicendosi una volta ancora che va tutto bene.
Ma prima, quest’oggi, ha perso un’ora.
Proprio come un buco spalancato..
dentro di lei.

Ogni volta che un aereo passa,
o uno stormo di uccelli riempie il cielo,
qualcosa la commuove, nel profondo.
Lei non sa perché, ma..
sommessamente piange.

Lei indossa quel sorriso un altro giorno ancora.
Ma a volte sta solo fissando il nulla.

Da qualche parte dentro di lei c’è una bambina
che desidera scappare via e volare.
Invece sta solo lasciando la vita scorrere.



Quanti pianti silenziosi affidati ad un soffio di vento, ad una porta chiusa subito dietro ad un finto sorriso. Quanti sacrifici, o quanta paura soffocata dentro un’impossibilità di agire?
Centinaia di nuvole sono passate prendendo la forma di gioia e tristezza. Naso all’insù e speranze randagie, ma i piedi ancora nel fango.

***



- Ashes –


Tu sostieni che non ti conosco, ma io ti conosco bene.
Leggo in quegli occhi di cenere che abbiamo attraversato l´inferno.
Io ho camminato con i più deboli solo per sentirmi forte.
Tu hai dato il tuo corpo solo per appartenere a qualcuno.

Bruciamo insieme, questo dolore non avrà mai fine.
Queste ferite non potranno mai guarire.

Assaporo la tua tristezza e tu gusti il mio dolore,
assorbendo l´un l´altro ogni macchia,
leccando gli strati di fuliggine dalla tua pelle.

Quando camminiamo tra le ceneri sussurro il tuo nome.
Chi ha la mente più malata, ora?

Ci stiamo solo usando reciprocamente
Troppo viziosi per stare soli ma troppo giovani per morire.
E ci facciamo del male.
Troppo tardi per tirarsi indietro ora…



C’è un posto dentro ognuno di noi che qualcuno chiama inferno. C’è un peccato che si compie nel silenzio di una bugia, nell’alcova di un amore che è soltanto malattia.
E la redenzione è sepolta sotto troppe ceneri, così come la verità.

***



- Linoleum –


Suddenly she is down on all four,
and the walls will support her no more.
Cries her eyes out like never before
onto this linoleum.
The bottled up. And stored.

And sometimes, oh, just sometimes,
that’s really all it takes: a hand on her shoulder,
then she breaks.

Sometimes that’s really all it takes:
(Yes then)
A word of kindness and she breaks
(She breaks)
And then the sum of damage done
(Well she breaks)
Spills out on stale linoleum
(She breaks)

Now she stays on the ground, so she’ll never fall.
See she would rather drown than lose control.



La somma del male subito, arrecato, sparso, assorbito, vomitato. Resta tutto dentro, incagliato da qualche parte, con tutto il suo peso.
Così a volte è semplicemente troppo. A volte qualcosa si rompe, e ci si lascia annegare tra cocci e detriti, anche se rimane sempre una certezza: più giù del pavimento non si può andare.

***



- The Deeper Cut –


All my life I have been afraid.
All my life scared to lose my way.
All my life led me to today.
The day when I must learn the hardest way.
Every step leading to this day.
The day I learn to lose and fail.
Today I go beyond control.
Beyond all purpose, aim or goal.
’Cause today I choose to lose my way.
To fall and fail.



Per tutta la vita si prova a fare andare le cose per un qualche verso che ci siamo prefissati. Passano gli anni e ci si accorge di aver tracciato solchi come strade e inciso nomi sulla pelle solo per paura di cambiare.
Poi arriva il giorno più difficile di tutti. Arriva la sconfitta contro cui non si può più combattere. Arriva il momento in cui si decide di perdere.

***



- 1979 –


And I remember me and you.
Two children of six still playing with sticks,
and whatever we found in the forest.
Our grandpas were strong and our parents still young.
And the world seemed a little more honest.
And I remember me and you.

All still fine.
Left behind.

Do you remember?



C’è sempre una strada che resta indietro, e voltandosi a guardarla pare di vedere il sole, e le foglie più verdi, la felicità più piena. C’è sempre una soffitta nella mente, piena di memorie che nessuno ci toglierà mai.

***



- To the Shoreline -


L’ho seguita fino alla riva.
La seguirei fino alla tomba.
Due barche naufraghe nell’oscurità.
Siamo troppo vicini per separarci.

E io so che lei mi renderà più forte.
So che lei mi farà vedere.
So che lei mi farà sentire più giovane.
Ma non so cos’altro mi farà.

Lei mi ha detto:
‘ Lo sai che posso renderti più forte.
Amore, sai che posso farti diventare coraggioso.
Ma c’è una cosa che devi ricordare:
io sono troppo lontana dall’essere salvata. ’



Un fiume in piena che tutto travolge, che spazza via dal suo corso i detriti accumulati nel tempo, che trascina tutto indifferentemente, il vecchio ed il nuovo, verso un oceano sconosciuto.
Tra le onde furiose, e le azzurre profondità dell’acqua turbolenta, qualcosa si distrugge, qualcos’altro si crea.
Alla deriva verso una costa misteriosa che sboccia a primavera. Per diventare più forti, per imparare a vedere, per sentirsi coraggiosi.

Anche se non potrò mai essere salvata.

***



- Chain Sling -


<<Per piacere lasciami essere tuo e non andartene mai.
Per piacere stai qui vicino a me.
Tutto l’amore che abbiamo condiviso dov’è adesso?
Per piacere lasciami diventare migliore di come ero.
Per piacere non rinunciare a noi due.
Il pensiero di perderti…io non so…come…>>

<<Posso sentire il dolore che hai dentro,
lo vedo nei tuoi occhi,
quegli occhi che una volta brillavano per me.
Posso sentire il tuo cuore selvaggio
che ci lacera e ci allontana.
Amore mio…come posso aiutarti se tu non mi vuoi? >>

<<Non c’è nulla che puoi fare per aiutarmi adesso.
Sono perso dentro me, come tante altre volte prima.
Non c’è nulla che puoi fare per alleviare il mio dolore.
Sono così dispiaciuto, ma se mi ami…mi devi lasciar andare.>>

Due giovani anime nella danza di una fionda a catena.
L’amore una volta scritto dall’inchiostro della solitudine
prega di poter danzare nel dondolamento di una fune.
Camminando sulla via del rimedio attraverso questo interludio di dolore.

Chi ci sarà ora? Ora che perdo il mio solo vero amore.
(Sto cadendo)
Ho perso me stesso? Per amare qualcun altro …
Io non so come farò.



Due spettri danzano nella tempesta. Una fune piena di nodi sempre più stretti assomiglia a una catena.
Più ci si allontana e più si è costretti a sbattersi addosso. Ogni passo fa male, e nuove ferite sanguinano sopra le vecchie.
Non si può vivere senza il più grande amore. La via del rimedio è la libertà attraverso l’autodistruzione.

***



- Iter Impius –


I woke up today to a world that’s ground to dust, dirt and stone.
I’m the king upon this withering throne,
I ruled every forest, every mountain, every sea.
Now there’re but ruins left to rule for me.

I woke up today to a world devoid of forests and trees.
Drained of every ocean, every sea, just like a useless brick upon the shore.
The morning after the storm, that swept the bridge away.

I’m never crossing that line, leaving this world behind.
I will stay on my own, on this bloodstained throne.
I rule the ruins and wrecks, and the dust, dirt and stone.
I rule rage rod and rattling of bones.

I am on my own, I am all alone.
Everything is gone, stuck forever here.
Already cold.

Ruler of ruin...



Sono il re del nulla, della mia rovina, della mia miseria. Ho voluto tutto, ho vinto e perso, ho avuto ragione persino di me stessa. Sotto i miei piedi un impero di macerie.

Sono sola tra le rovine e non ci sono più montagne né foreste per custodire ricordi di sogni d’estate.

***



- Ending Theme -


E così mi ritrovo qui ancora una volta - il primo passo sul sentiero del rimedio
Hai distrutto il mio mondo - bene, eccomi qui, logorato
con pezzi di corda nella mente, distrutto con gli occhi segnati dal sangue.
Ma ora sono tornato per scrollar via tutto ciò dalla mia vita.

Tema conclusivo.

Ad essere sincero non so cosa sto cercando - chi essere,
seduto qui come già una volta, settimane fa - aspettando solo che qualcuno bussi a quella porta.
E ho abbandonato tutto ciò che pensavo di essere per capire, per essere sicuro se ero io o tu
ad avermi fatto sentire così libero e reale, ma quando ci baciamo non capisco, davvero non capisco
Perché lascia un senso di vuoto e allora penso e se fossi semplicemente depresso?
Cieco, solamente alla ricerca di una pausa dalla mia mente?

Ma ho visto così tanto di me in te, il me che ho perduto, il me stesso giovane e libero in te.
Eppure, questo non significa niente, potrebbe non avere a che fare con il mio bisogno di te.
Ma immagino che dovessimo incontrarci, per essere vicini, per essere sicuri, dopotutto
oltre questo letto e quella porta, ad essere sincero, temo davvero di non capire ancora.



Da quella foto ti sto guardando. Da quella foto i miei occhi sono fissi su di te.
Perché non sei lì ma io posso vederti. Vedo quello che sei, realmente.
Ne sono terrorizzata eppure non fuggo, neanche quando lasci la porta aperta, neanche quando ciò che ho visto diventa reale.

Ad essere sincera, non sapevo cosa stavo cercando. Ma era tutto inutile: non c’è mai stato posto per me.

***



- Stress -


Help me! Rescue me! Save me! Set me free!

It is strange - among all people I feel alone.
Very strange - despite the sun I’m cold to the bone!
If this is progress let me out!

Up on the rooftops I feel alive - lovely detached from the human hive.
Up on the rooftops I feel so free.
Far from the city that’s suffocating me.

Is this what we want? ...is this what we need?



Il vento sussurra alle foglie la direzione per la libertà, e le stelle sono meno distanti per chi corre sopra al tetto a contemplarle nelle notti d’inverno.
Lontano dal rumore della città, là dove la notte è silenziosa e la luna sorride, c’è sempre un luogo dove sentirsi al sicuro.

***



- Healing now -


Guariscimi adesso. Rimuovi queste vecchie cicatrici dalla mia anima.
Guariscimi adesso. Scardina questa pelle secca dalle mie ossa.

E anche se non posso dimenticare tutte le volte che ho pianto.
E anche se non posso perdonare tutte le volte che sono morto.
Sto guarendo adesso.
E sono ancora vivo.
Solo un po’ meno di prima.

Ho giusto pensato che dovresti saperlo.
Che forse piangerò. E forse morirò.
Ma per adesso sono ancora vivo.
Solo un po’ meno di prima.



Quando è uscito l’album ho capito subito che quella era la mia canzone, il seguito perfetto di “Road Salt”. La canzone giusta al momento giusto, per passare dalle promesse astratte all’attuazione del rimedio.
“Questa volta cercherò di non farmi male, questa volta mi atterrò a quello che ho imparato, volerò basso e non mi brucerò.”
Ho continuato il cammino sulla “road salt”, e quando ho smesso di sperare ho iniziato a guarire.
Così sono qui, e sono ancora viva. Solo un po’ meno di prima.

***



- Kingdom of loss –


Someone sells us Toys in a cheap cartoon
Someone sells us Cars in the latest Bond that’s coming soon
Someone sells us Trends through a sitcom star
Someone sells Herself in a docu-soap that goes too far

Life on sale. All for sale.

Welcome down to planet Earth, please don’t ask us what it’s worth.
You will notice that the world you found is slightly tattered and worn down.

If you’re tearing down my world please just try to do it gently.
There is love inside for a dream that has to die.

Welcome to the only Earth. Please enjoy your only birth.
You will learn to take more than you give.
Buying scars you must live with.
Someone sold us every scar.
They somehow made us what we are.



Non ci sono sogni né innocenze in grado di sopravvivere al contatto col mondo. Ci siamo costruiti un regno dorato in cui diamo a tutto un valore sbagliato.
Ogni significato perde consistenza, annegando nell’insignificanza di un’esistenza in cui il materialismo ha decretato la sconfitta dell’ autentica felicità.
E’ guardando questo mondo che comprendo l’importanza del nostro angolo di paradiso.

***



- Enter rain –


In solo un anno un’altra tempesta arriverà
a lavare via un po’ di sangue in più.

Lascia che piova.
Entri la pioggia. Esca il dolore.

La pioggia ci laverà fino alle ossa, togliendo centinaia di tracce.
Pulendo tutte le ferite della pelle, del nostro tempo, di ogni crimine,
di ogni grammo di polvere e sporcizia.

In due secondi cadrò a terra, un istante allungato negli anni.
E i miei occhi sbatteranno e poi qualcosa cambierà.



Non importa quante volte ancora piangerò. Ogni lacrima si scioglierà in pioggia liberandomi da tutto il dolore. Ogni volta che passa la tempesta gli occhi si riaprono su troppo sole. La luce rende ciechi, il buio insegna a vedere.
Che piova pure, che piova sulla mia primavera. Solo così nascerà l’arcobaleno.

***



- No way -


There is no way that you can love her like I do.
Oh no, there is no way - I see through you.
’Cause when I hold her in the night,
All that is wrong will become right.
And I know that she feels it, too,
’Cause no-one loves her like I do.

There is no way that you could know her like I do.
Oh no, there is now way you’ll ever do.
She is a flower of the wild,
Oh, and I have seen her from her darkest side.
She is a twisted little ride,
And you will never know her like I do.



C’è un incastro perfetto che nasce senza motivo, come acqua che prende la forma del suo contenitore.
Siamo miserabili che si agitano sul palcoscenico della vita, come marionette impazzite i cui fili partono dalle cicatrici.

Non c’è modo di vedere dietro la maschera se non quello di amarmi. Amarmi come sai fare solo tu.

***



- Sisters -



Per un attimo penso di avere avuto un assaggio
di quel che è lei veramente, quella che si cela.

Se mi avesse guardato profondamente negli occhi,
e dolcemente mi avesse chiesto di fare lo stesso,
sarei stato nel suo letto e nella sua carne,
rovinando la vita che ho conosciuto.

Così trattengo il mio respiro e chiudo gli occhi,
e prendo a concentrarmi sul vino.
Facciamo sì che questo momento tremante ci scivoli addosso.

Lei parla come te.
Quasi profuma come te.
Una ragazzina selvaggia come te.
Ma non è tutta come te, nemmeno si sforza di essere te.
Proprio come farebbe ogni sorella.

E forse è la mancanza di te nei suoi occhi.
Ma voglio lei solo per questa volta
... Solo per questa volta.



La voce di Daniel infine si fa sussurro impercettibile, sospiro che accarezza le note malinconiche di una delle più belle canzoni che mai sentirò. Poi lentamente cresce, con dolcezza, fino ad aumentare d’intensità graffiando da qualche parte sul cuore.
E d’improvviso capisco che è quella la voce di dio che si autoproclama re del mondo, delle foreste e delle montagne piene di ricordi impossibili, dell’ultimo uomo sulla terra in rovina, della corda che oscilla nel vento e del rumore dei passi sulla via del rimedio.

E’ la voce che annuncia l’uomo per quello che è: soltanto dolore di salvezza.


venerdì 24 febbraio 2012

We’re but mortal kings...

…of passing things.




( I - Gridlock (All Is Mine) )

“Silenziosamente siedo su questa strada,
facendo passare la polvere tra le mie mani,
per sentire che appartengo.

Silenziosamente piango per la mia anima.
C’è sempre stato qualcosa di cui aver bisogno
per sentirmi completo.

Sto facendo un viaggio al di sotto della linea,
osservando questo nuovo stato mentale:
“Tutto è mio!”

Silenziosamente piango per l’umanità.
A un dato momento tagliamo ogni corda
per toccare il sole.

E improvvisamente,
e silenziosamente,
come mongolfiere le nostre menti raggiungono i cieli,
librandosi sopra succulenti campi
con una splendida vista.
Ma questa fame per il suolo,
dentro.

E ogni luce rossa nella città
sta gridando per ciò che è perso e ciò che è trovato:
“Tutto è mio!”




( II - The End )

Tutti quanti desideriamo appartenere.
Tutti desideriamo essere a casa.
Invincibili, giovani e forti.
Ma abbiamo perso tutto.
Quando abbiamo trasformato la vita in una strada,
una direzione verso l’obiettivo,
andando a finire dove nessuno veramente vuole andare.

E allora, amico mio,
benvenuto alla fine.
Tutti quelli che non fingeranno.
Tutti quelli che non possono guarire.
Tutti quelli che hanno perso loro stessi
sugli scaffali polverosi della vita.
Nessuno vince mai.

Siamo solo Re mortali
di cose di passaggio.

Ma vedo un uomo migliore.
I suoi piedi poggiati sulla terra di suo padre.
La sua mano in quella di sua madre.
Lui ancora appartiene.
E’ disteso là sulla costa,
e non chiede mai dove andare.
Perché lui ha uno spirito fondato sulla terra.
Lui sempre saprà.




( III - On Nous A Donné La Vie )

Io sono il mare.
Ecco perché dico
per tutti i miei fratelli
per tutti i miei amici:
io vi dono la miseria
io vi dono la vita.

Voi vedete tutto in me.
Voi vedete un dio.
Io mi vedo in te.
In qualunque luogo.
Io vi dono questa croce.
Vi dono questo fiore.

Noi condividiamo questo sentimento di impotenza.
Sempre giovani senza difesa.
Silenziosamente andiamo.
Silenziosamente passiamo.
Ci è stata donata la miseria,
ci è stata donata la vita.

Ci è stata donata la miseria,
ci è stata donata la vita.”


Pain of Salvation - The Physics Of Gridlock




Non si sa se quello che finisce del giorno finisce con noi in un’inutile tristezza o se quello che siamo fra la penombra sia falso, e non vi sia che il grande silenzio senza anatre selvatiche, che cade sui laghi dove i giunchi sollevano la loro asperità, che svanisce.

Non si sa niente, e non resta neanche il ricordo delle storie dell’infanzia, alghe, e neppure la carezza tardiva dei cieli futuri, brezza dove l’imprecisione si apre lentamente in stelle.

La lampada votiva oscilla incerta nel tempio dove non c’è più nessuno, le fontane delle ville deserte ristagnano al sole, non si riconosce il nome scritto una volta sul tronco, e i privilegi degli ignoti se ne sono andati, come carta appena strappata, sulle strade investite in pieno da un forte vento, seguendo la casualità degli ostacoli che li hanno fermati.

Altri si affacceranno dalla stessa finestra da dove altri si sono affacciati; dormono coloro che hanno dimenticato l’ombra malevola, nostalgici del sole che non avevano;
e io stesso, che oso senza agire, finirò, fra i giunchi inzuppati, infangato dal fiume vicino, e dal debole sforzo, sotto grandi autunni serali, in confini impossibili.

E attraverso ogni cosa, come un sibilo di angoscia nuda, dietro al mio vaneggiamento sentirò la mia anima – ululato profondo e puro, inutile nell’oscurità del mondo.

Pessoa – Il libro dell’inquietudine



~ We’re but mortal kings of passing things ~ 

giovedì 23 febbraio 2012

Blood Riding Hood




- Che braccia grandi hai. -

- Per abbracciarti meglio. -

- Che denti grandi hai! -


Gli vide le fauci riempirsi di bava, ma la bambina non batté ciglio persino quando il lupo le rispose:

- Per mangiarti meglio. -

La fanciulla scoppiò in una fragorosa risata; nessuno mai avrebbe fatto di lei un boccone. Gli rise in faccia, fu lei a strappargli la camicia e a buttarla nel fuoco tra le ceneri ardenti dei suoi abiti smessi…

Guardate! Eccola lì, dolce e sicura, dorme nel letto della nonna tra le zampe del suo amorevole lupo.

(La camera di sangue di Angela Carter)



Il successivo racconto, "La compagnia di lupi", si apre con la descrizione del lupo e della sua ferocia. Il lupo riempie con i suoi ululati la foresta di notte; astuto e feroce non può rinunciare al sapore della carne di cui soltanto si nutre.
La descrizione della spietata e disumana ferocia del lupo appartiene a quel sapere comune tramandatosi di generazione in generazione con lo scopo di avvertire e proteggere dal pericolo chi si avventura incauto in quei territori che del lupo sono il regno.



Come le storie raccapriccianti e deliziose ascoltate da bambini, il racconto quasi materializza con la sua descrizione questi foschi membri di una congregazione d’incubo, che si riuniscono intorno al malcapitato, colpevole di essersi attardato nella foresta in maniera decisamente poco prudente, perché attratti dal suo odore di carne.



Si accumulano gli avvertimenti ed i consigli, ma anche comportandosi in maniera sensata e non esponendosi al pericolo, non sempre è possibile salvarsi dalla minaccia dei lupi: si insinuano anche nelle case che spesso non costituiscono una protezione sufficiente contro il male che incarnano. L’unica maniera per difendersene è averne paura e fuggirli.: "Temi e fuggi il lupo; perché c’è dell’altro: quel che sembra del lupo può non essere tutto."



Il vero pericolo dunque è che il lupo nasconde una qualità misteriosa del suo essere che, non essendo definibile, può sconvolgere e distruggere in maniera imprevista la tranquillità della propria esistenza.
Il vero pericolo rappresentato dal lupo è che esso si nasconde tra di noi, che non è possibile tenerlo lontano, perché appartiene in qualche modo alla nostra razza umana: il licantropo è segno della presenza continua del lupo tra di noi e della sue imprevedibili metamorfosi.



Con un’ultima apostrofe al destinatario della narrazione ed un ultimo consiglio a fuggire lontano da un qualsiasi uomo nudo visto tra i boschi, poiché la nudità è il segno iniziale della metamorfosi dell’umano in animale, il racconto mette fine al suo lungo preambolo e la narrazione vera e propria può iniziare.



Come è usuale in queste storie di lupi, il periodo dell’anno in cui la vicenda ha luogo è il solstizio d’inverno, uno dei periodi più pericolosi dell’anno, ma la bambina è decisa ad attraversare il bosco e non sente ragioni.
Ecco dunque un’altra coraggiosa "Cappuccetto Rosso" con un coltello nel cestino, pronta ad attraversare il bosco e ad affrontarne le minacce per poter far visita alla nonna malata.



Ci viene subito comunicato che però la bambina ha già cominciato a conoscere il rosso mensile della sua sessualità, quel rosso che lo scialle brillante fattole dalla nonna ricorda, come un presagio sinistro di sangue sulla neve. La sua sessualità è però ancora chiusa e inattaccabile. La verginità, rendendola un sistema chiuso e sigillato, protegge la bambina dalla paura.



Ma forse è proprio la curiosità, che la verginità conserva e sviluppa in sé, a spingerla ad attraversare i boschi minacciosi senza timore. Nella foresta incontra un giovane attraente, più bello degli zotici del suo paese, e a lui si accompagna volentieri, benché il giovane cerchi di convincerla a lasciare il sentiero conosciuto per seguire una scorciatoia.



Fanno allora una scommessa: chi prima arriverà alla casa della nonna dovrà pagare un pegno ed il pegno consisterà in un bacio. La bambina, ci viene detto, fece di tutto per attardarsi e perdere, in modo da essere "obbligata" a pagare il suo pegno al giovane così seducente.
Tutt’altro che ingenua, la bambina conosce dunque le strategie dei giochi d’amore e lascia che il ragazzo arrivi prima, ma chi altri è il ragazzo se non il lupo della fiaba che divora la vecchietta e si sostituisce a lei nel suo letto?



Il racconto si sviluppa, a questo punto, seguendo la falsariga della fiaba di Perrault, ma con una serie di sottili variazioni parodiche che mettono in luce il diverso atteggiamento della bambina rispetto alla sua più nota antenata.
La bambina si accorge che la nonna non è più in quella stanza e che ora si trovano solo loro due di fronte: lei e lo strano essere, contemporaneamente uomo e lupo, dai grandi occhi e dalla grandi braccia, con cui intreccia il famoso dialogo di agnizione.



L’imprevista variazione sul tema è che, durante lo svolgimento dello scambio di battute appena citato, la bambina si sveste e getta i suoi indumenti nel fuoco seguendo i suggerimenti dell’uomo-lupo, mentre i suoi fratelli ululano nella notte il loro lugubre canto.
Quando è poi del tutto nuda, liberamente lo bacia ed infine, scoppia in una grande risata.



Con la sua risata liberatoria la bambina supera l’abisso che li divideva e si accosta allo spazio erotico che il mondo del lupo disegna, pronta a offrirgli il suo corpo immacolato ed a godere del suo.
Tra i due esseri prima divisi solo dalla paura si crea ora un legame erotico e feroce, tenero e selvaggio, possibile solo perché la bambina sa di non essere cibo per nessuno, sa che nessuno può fare un boccone di lei. La tormenta può placarsi e la bambina dormire serena tra le zampe del suo amorevole lupo.



E’ la paura che crea l’orrore dell’altro, che trasforma il possibile piacere dell’incontro tra due "diversi" nel luogo mortale di uno scontro all’ultimo sangue.
In questo racconto si delinea invece un luogo di possibilità per un desiderio femminile polimorfo, che non ha paura della propria stessa animalità, se per animalità intendiamo una sessualità imprevedibile e non edulcorata dalle codificazioni del simbolico, piuttosto che un luogo di pacificata "naturalezza".



Il lupo non rappresenta qui la naturalità dell’istinto, quanto uno spazio metamorfico (in fondo ci troviamo di fronte a licantropi, non ad animali puri e semplici), dove l’incontro dei corpi crea impreviste configurazioni sessuali, dove anche la morte non fa più paura, perché fa parte di quel movimento di trasformazione dell’esistente di cui l’erotismo è componente essenziale.


Maria Grazia Tundo



“I was lost but now I am found.
A line was crossed, a vessel run aground.
The boy has gone, let’s grieve and let him go.
He left a dog, but it’s a new day don’t you know?



In the company of wolves I sat in silence
observant and afraid

He was there with the eyes like glowing embers
the man knew she was made.



I was lost but now I am high.
It helps to know serenity from ennui.
Something’s wrong, something’s wrong, when it all remains the same.
So face the fire, come into your name.



In the company of wolves I sat in silence,
observant and afraid.
He was there with the eyes like glowing embers,
the man knew she was made.



Even I can’t recall how many days
I have been out there
For when all those lights cease to shine,
it was a lie I think for the first time.



Infinity it falls, in feathery folds but she bites like loveless eyes,
but with her belly full she called this rite of passage,
it was the longest night of my life.

Say it was the longest night of my life."


(Incubus -In the Company of Wolves)

Custode di sogni


"Due serpenti che si mordono le code in un perenne girotondo: Aurin realizza i sogni. Tutti i sogni.
In un circolo in cui Gioia e Dolore iniziano e finiscono nello stesso modo, parti non divisibili della stessa essenza.
Aurin è la guida nella lotta contro il Nulla che distrugge Fantàsia. Perchè niente è più forte di un sogno. Di un desiderio. Di una speranza.
Aurin è il sogno primordiale, la goccia di vita che dopo la distruzione ricrea."

- Tutto ciò che accade, tu lo scrivi - disse.
- Tutto ciò che io scrivo, accade - fu la risposta.




Mi chiamarono Aurin yr Jasel el Redon, ventidue anni or sono, per marchiare la mia esistenza col nome dei miei avi e inchiodarmi a un destino che non ho scelto. In lingua Alzhedo “Aurin” significa custode di sogni, anche se pochi ricordano ancora le simbologie associate all’alfabeto Thorass.
Sono nata nella Perla delle Sabbie, dove il caldo arido di un deserto troppo antico rende le persone subdole e assetate di veleno, prosciugate fin nel midollo e private dei valori che fanno di un uomo qualcosa di più di un burattino in cerca di uno sfarzoso palcoscenico.
Sono una figlia di quella terra splendente baciata dal sole del sud, un fiore troppo selvatico sbocciato tra dune polverose, ma non vi è traccia sulla mia pelle di quel retaggio. Il mio sangue affonda da qualche parte nel lontano nord, e questo mi ha aiutata a non sentirmi mai davvero parte del mondo che ho tanto odiato.
La mia vera nascita non è stata la prima: quella è stata solo una maledizione.
Ho imparato a vivere il giorno in cui ho infranto il velo damascato di ipocrisia, e scavalcato prepotentemente le barriere auree della mia gabbia personale.

Mi chiamai io, questa volta, Aurin e basta: una ragazza smarrita senza una vera identità. Una figlia del vento, della terra e delle stelle, in perenne viaggio senza una meta, funambola per scelta ed equilibrista per necessità.
Seguendo Ieriyn alta e splendente nel cielo ho puntato a nord, affondando i miei piedi nel fango, ma senza mai distogliere lo sguardo dall’adunanza di stelle custode dei sogni più belli.

- Quante volte ho puntato il mio arco alle stelle lontane? Chiudi un occhio e mira trattenendo il respiro: se ne prendi una buona, forse i tuoi desideri si avvereranno. Falla cadere, falla morire, sei una cacciatrice e non hai mai afferrato nemmeno un sogno. -
Era il mese della dissolvenza, ricordo le foglie a terra e il rumore dei miei passi che lentamente imparavo a celare. Oberata di un peso troppo grande per le mie spalle esili, ho dovuto lasciare svariate cose per strada: tutto ciò che mi è sempre servito, del resto, me l’ha fornito la natura.

- Ricamo delle stelle, spoglia i miei sentimenti per questa terra, mandami il tuo unguento per lenire le mie cicatrici, e lascia che questa nudità sia la mia nascita.
Voglio cacciare con cuore indomito. Voglio imparare la saggezza delle lontane montagne. Sia il mio cuore una fonte d’amore che scorre inesorabile come linfa sotterranea. -

Ho imparato che la morte mi alitava gelida sul collo ad ogni svolta di sentiero, e che anche la natura che m’aveva accolta nel suo grembo materno era in grado talvolta di devastarmi e sottopormi a prove sempre più ardue.
Ho dovuto affilare i miei artigli ed accettare il mio istinto primordiale: ho iniziato a cacciare, a macchiare la mia pelle del sangue nemico, ad attaccare per prima per sopravvivere, e a braccare la preda per non perdere mai il predominio del cacciatore.

Ho scoperto il Giardino Selvaggio" ed ho iniziato ad amarlo perdutamente. Vi era bellezza in ogni dove: l’oro del sole cospargeva di povere luccicante le foglie danzanti, e la rugiada si adagiava sull’erba come diamante. Le acque pure dei ruscelli erano la vita che scorre senza tregua, e i frutti della terra un tesoro di cui mai esser sazi.
Tutto mi sembrava un equilibrio perfetto oscillante tra le più buie tempeste e le più splendenti delle albe. Quel Giardino era ovunque, e io ne ero la cacciatrice. Avrei difeso la Bellezza da tutto ciò che di deviato e subdolo avrebbe osato calpestare l’amato suolo.
Avevo una fede a sostenere i miei passi, non più soltanto la disperazione di sopravvivere. E per quella fede, per quel giuramento a me stessa prima che a Lei, ho affinato i miei sensi e allenato il mio corpo: ho sviluppato doti feline per saggiare il terreno, appetito animalesco per godere dell’ebbrezza della caccia, e coltivato l’istinto del branco per non perdere mai di vista i valori che mi rendono diversa da un qualsiasi vile predatore.

Troppi sentieri ho percorso, e su molti di questi ho lasciato orme silenziose che sono svanite al primo soffio di vento. Nel labirinto di strade che mi ha condotto verso mete che potessero soddisfare la mia curiosità, sempre accesa ed acuta, ho incontrato miriadi di passanti. Alcuni mi hanno solo sfiorata, altri ignorata.
Altri invece mi hanno sbattuto contro con violenza e si sono portati via una piccola parte di me.
A volte ho anche accettato nuove gabbie, provato nuove vite come se fossero abiti che si possono indossare soltanto per un po’…soltanto finché ci si sente bene dentro.
Ma l’istinto che lacerava il mio cuore non dormiva mai, mai si placava, e costantemente cercava di lacerarmi la pelle per uscire di prepotenza a cercare la libertà.
Parola buffa la libertà. Quante volte ho pensato di averla trovata?
Tra le braccia del primo uomo che ho davvero amato, o nel vento che me l’ha portato via, in una casa fatta di mattoni e di affetto, o in un tempio colmo di fedeli e amici coi quali ho condiviso i miei servigi per Lei.

La verità è che da quella maledetta fune non sono mai scesa, e per quanto qualcuno un giorno mi abbia insegnato a danzarvi senza timore, credo di non essere mai riuscita a farlo davvero.
Arranco passo dopo passo combattuta tra l’apprensione di non fare un passo falso e il desiderio dilaniante di cadere una volta per tutte.
E mi chiedo se lui salga ancora qualche volta sopra i tetti per guardare le stesse stelle che vedo io, o se abbia sepolto il nostro inverno in fondo al suo cuore e l’abbia dimenticato.

- Non dovresti conoscere la disperazione se le stelle scintillano ogni notte; se la rugiada scende silenziosa a sera e il sole indora il mattino.
Non dovresti conoscere la disperazione, seppure le lacrime scorrano a fiumi: non sono gli anni più amati per sempre presso il tuo cuore?
Piangono, tu piangi, così deve essere; il vento sospira dei tuoi sospiri, e dall’inverno cadono lacrime di neve là dove giacciono le foglie d’autunno;
pure, presto rinascono, e il tuo destino dal loro non può separarsi: continua il tuo viaggio, continua ad andare. -


* * * *



La Valle del Vento Gelido, oltre il dorso del mondo. Il freddo mi penetra nelle ossa, mi squarcia la pelle e mi lecca le ferite con lingua di spine.
Solo un vento impietoso spazia in queste ampie radure innevate, e i miei passi incedono di una lentezza appesantita dal manto dei ricordi che nel silenzio cala sui miei pensieri.
- E’ allora che ti senti invecchiare…quando ti accorgi di avere più ricordi che desideri… -
Il rumore della neve che cede al fardello dei miei passi mi invita a continuare a camminare, mi offre un lago di puro bianco candore inviolato, come una poesia sublime che a nessuno potrò mai raccontare.
Ma quella stessa neve che riempie i miei stanchi occhi di una bellezza appagante, è la stessa neve che uccide e congela le membra, fino a cristallizzare la morte in un’ultima meravigliosa creazione immota.

Non è il freddo che mi preoccupa qui, né la difficoltà di cancellare le mie tracce o il pericolo di sentirsi sempre troppo esposti, più prede che cacciatori. No, è il senso di vuoto che provo, un vuoto che non riesco a riempire di calore appellandomi a ciò che mi porto dentro.
Semino fiori insanguinati in questo Giardino candido, e le mie lame implacabili reclamano altre vittime immeritevoli d’esistere.
Ma i miei piedi sono stremati, e ho bisogno di levarmi questi abiti per infilarmene di caldi e asciutti: rischio di morire ad ogni passo in questo paradiso dimenticato dagli dei, se non controllo il livello di insensibilità della mia pelle. E mi vedo mattone logoro nel muro della città del Giudizio, o prostrata innanzi a Lei a chiedere perdono per non aver mai compreso appieno come servirla.

C’è un grotta poco distante da qui, riesco a orientarmi con le stelle e posso ritrovarla. Sfrego i legnetti più asciutti che son riuscita a conservare, e le mie mani non sentono nulla. Ma il fuoco prende vita e mi accarezza il viso con la dolcezza infinita di una mano calda nel cuore gelido dell’inverno.
Mi abbandono a quel torpore e lascio che il mio sguardo profondo come il verde della foresta si smarrisca in quella che è solo un’enorme, desolata, distesa di bianco.
Mulinelli di neve s’alzano come spettri silenti che danzano per richiamare la bufera, e sono solo spettri quelli che vedo anche se chiudo gli occhi: fantasmi lontani, amori perduti, braccia estranee che cercano di afferrare ciò che non sarà mai loro.
- Devi alzarti adesso, devi cambiarti e medicarti le ferite. Lo squarcio sul bicipite sinistro è una scia di rubino ghiacciata scintillante sulla tua pelle diafana. Alzati. -

“Dov’è casa mia?” Sempre la stessa domanda sbagliata. Perché il quesito vero non ho mai il coraggio di pormelo.
- Qual è casa mia?... -
Un fischio sommesso e cadenzato in due tonalità ben precise basterà a far comparire la sagoma di Artax al galoppo, con quel suo manto candido che sfigura al confronto della purezza del nord, e i suoi occhi pieni di una vecchiaia incombente, lucidi come i miei di una patina che si addensa a coprire lo sguardo di chi ha visto molte…troppe cose.
“Portami a casa Artax.”
Per lui non è mai stato un quesito difficile. Ai miei comandi risponde con movimenti precisi, sempre gli stessi. Per lui è tutto così semplice.


Non mi lasciare sola.





"Viaggiai in lungo e in largo, incontrai esseri d’ogni forma e aspetto, poi mi accorsi che, come non tutte le stelle sono uguali, non tutte le creature belle lo sono. Conobbi il fuoco e vidi esso sorgere dalla neve, vidi un lupo dormire con un orso, conobbi la mia solitudine libera di girare tra i boschi. Lei è la cicatrice più profonda che porto con me."


"Anch’ella funambola, cammina a braccia aperte sulla fune non per mantener l’equilibrio ma per abbracciar le stelle; amata da Sune che le ha dato l’ignoto dono di portare con se fin sopra quegli astri chiunque carpisca la sua essenza di creatura libera e bella; come la rivelazione sussurrata d’una meravigliosa scoperta conduce il cuore a palpitare di gioia."


"Mantodivolpe è uno spirito libero: e quando il vento si fa sentire lei diventa leggera come una piuma e corre veloce come un cavallo selvaggio, inseguendo i suoi istinti come un predatore."

 

lunedì 20 febbraio 2012

First Snow


Veniamo dalla terra del ghiaccio e della neve
Dal sole di mezzanotte dove scorrono le sorgenti d’acqua bollente
Il martello degli dei condurrà le nostre navi a nuove terre
Per combattere l’orda, cantando e gridando: “Valhalla, sto arrivando!”


"Sono arrivato alla decisione che le cose che ho provato
Nella mia vita, le ho provate solo per arrivare in alto
Quando siedo da solo riesco a conoscermi un po’ meglio
Ma ho bisogno di qualcosa di più di me stesso questa volta
Un passo dalla strada verso il mare verso il cielo
E ci credo veramente su cosa facciamo affidamento

Quando esagero
Continuo a sfruttare
Tutta la mia vita per il sacrificio

Hey oh, ascolta quello che dico
Ho il tuo
Hey oh, ascolta quello che dico



Quando mi accorgerò che non posso proprio andare
Verso il giusto, ancora una volta per decidere
Quando mi sta uccidendo
Quando vedrò veramente
Tutto quello che ho bisogno di vedermi dentro
Sono arrivato a credere che farei meglio a non partire
Prima di avere la mia possibilità di farlo

Quando mi sta uccidendo
Ciò di cui ho realmente bisogno
È di guardarmi dentro

Hey oh, ascolta quello che dico
Torna indietro e
Oh, ascolta quello che dico



Più vedo, meno capisco
Più mi piacerebbe lasciarlo andare

Molto al di sotto dell’apparenza di un’altra perfetta meraviglia
Dove è tutto bianco come la neve

Diviso nel privato da un mondo così indeciso
E non c’è alcun posto dove andare

In mezzo all’apparenza di un’altra perfetta meraviglia
Ed è tutto bianco come la neve

Attraversando il campo dove tutte le mie impronte
Verranno nascoste e non c’è alcun posto dove andare



Quando mi abbasso a migliorare per un amico
Tutti i canali che sono crollati

Ora che sei cresciuta
Ti telefonerò
Solo per sentirti cantare a squarciagola

Un passo dalla strada verso il mare verso il cielo
E ci credo veramente su cosa facciamo affidamento

Quando esagero
Continuo a sfruttare
Tutta la mia vita per il sacrificio



Hey oh, ascolta quello che dico
Ho il tuo
Hey oh, ascolta quello che dico

Più vedo, meno capisco
Più mi piacerebbe lasciarlo andare

Molto al di sotto dell’apparenza di un’altra perfetta meraviglia
Dove è tutto bianco come la neve

Diviso nel privato da un mondo così indeciso
E non c’è alcun posto dove andare

In mezzo all’apparenza di un’altra perfetta meraviglia
Ed è tutto bianco come la neve

Attraversando il campo dove tutte le mie impronte
Verranno nascoste e non c’è alcun posto dove andare oh!



Ho detto hey, capisci il mio amore ora
Hey, capisci il mio amore ora."

Red Hot Chili Peppers - Snow