~ ..la Volpe Funambola ammazzaprincipi.. ~
~ Fragile ~

"...Sometimes it feels it would be easier to fall
than to flutter in the air with these wings so weak and torn..."

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- EviLfloWeR -

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Lunacy 2 - Lunacy 3 - Lunacy 4
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Lunacy Ph

"Do asilo dentro di me come a un nemico che temo d’offendere,
un cuore eccessivamente spontaneo
che sente tutto ciò che sogno come se fosse reale;
che accompagna col piede la melodia
delle canzoni che il mio pensiero canta,
tristi canzoni, come le strade strette quando piove.
"

- F. Pessoa -

~ REMEDY LANE ~

- We’re going nowhere...All the way to nowhere –



"Forse sono l’uomo con le leggendarie quattro mani
Per toccare, per curare, implorare e strangolare.
Ma io non so chi sono,
e tu ancora non sai chi sono..."

F. R.

giovedì 2 febbraio 2012

Shoreline




<<Non è nato scrittore, colui che a un certo punto non è preso da un acre odio contro la parola. Comincia con una pigrizia allo scrivere; e diviene antipatia, avversione, fastidio delle parole: finalmente odio ragionato e convinto. Allora lo scrittore è maturo e sicuro.

Le parole non sono belle. Le lingue non sono belle. La creta bella non esiste; la creta è fango, è sporca. Così le parole.

Le parole generano il "letterato", pseudo-uomo, antipoeta: la più ridicola genia che l’umanità abbia conosciuta. Temo che l’Italia sia la nazione che ne ha prodotti in maggior copia. Speriamo che stia esaurendoli. Per oggi ne circolano per le strade almeno una sessantina, da spazzar via.



La decadenza ha questo processo: il poeta decade in scrittore, lo scrittore decade in letterato. Più basso non si va.
Speriamo che il cinematografo – il quale sostituisce magnificamente così il teatro come il romanzo – serva ad affamare talmente i letterati da obbligarli a fare qualche altro mestiere.


Ai giovani che vogliono darsi all’arte dello scrivere consiglio due cose.
La prima: entrare nella redazione di un giornale, e cercare di farsi mettere alla cronaca. Ogni giorno dovranno scegliere in un mucchio di fatti scoloriti e banali, coglierne due o tre, dar loro una parvenza di maraviglia, la vita, la possibilità di avere un titolo, la forza di interessare centomila lettori esigentissimi.
L’altra: frequentare con attenzione il cinematografo; perché l’arte del cinematografo è la quintessenza dell’arte dello scrivere. Che si può definire: l’arte di scegliere i particolari.



Occorre leggere da giovani i grandi capolavori del passato, per non doverli leggere più tardi, quando c’è altro da fare. E soprattutto per questo: che nella maturità ce li troveremo diventati nostro patrimonio come ripensati, rievocati, sgombri dalle parole. In questo modo la Commedia o il Furioso sono grandissimi nell’animo nostro.

Una volta, tanti anni fa, c’era l’abitudine di prendere in giro i lettori che leggevano “per vedere come va a finire”. Meno chiacchiere: questo è il solo scopo del leggere. Io diffido molto dei drammi e dei romanzi “che non si possono raccontare”.

Flaubert consigliava di non pubblicare niente fino a cinquant’anni, e allora metter fuori le “oeuvres complete”. Bell’ideale da masturbatore! L’opera di uno scrittore, il suo sviluppo, è una collaborazione continua tra il suo spirito e quello del pubblico che egli sa farsi: è un incessante gioco di azioni e reazioni tra i due.
Lo scrittore crea con un libro l’atmosfera atta a ricevere il libro seguente, e sfrutta in questo i previsti e gli imprevisti suscitati da quello. Lo scrivere è “azione” nel pieno senso della parola: è lo svolgersi di una avventura tra lo scrittore e il coro dei suoi lettori; avventura mescolata di abbracci e di bastonate e di tutti gli altri elementi e incidenti di ogni avventura. […]



L’ideale supremo di tutti gli artisti dovrebbe essere: diventare anonimi.
Immagino la meraviglia spaurita di tanti scrittori di mia conoscenza a questa uscita. Loro tengono sopra tutto al loro nome, nome e cognome; sarebbero disposti a pubblicare di libri fatti di fogli bianchi, col loro nome sulla copertina. La loro sola ambizione è per l’appunto quella di farsi un nome.
Non dico che sia sbagliata. Ma è un’ambizione di primo grado.
Più su ne viene un’altra, fatta per i più forti; e richiede una razione di nativo orgoglio che non è da tutti.
Un giorno Alessandro Manzoni arrivo in gita a un paesello di “quel ramo”, uno dei parecchi che si disputano l’onore d’aver servito di modello al paese dei “Promessi Sposi”. Un contadino s’offerse per guida a quel signore canuto, e gli indicò la casa di Lucia.
Abilmente interrogato, il contadino mostrò di non aver mai sentito nominare Alessandro Manzoni. Ignorava l’esistenza di un romanzo dal titolo “I Promessi Sposi”, e sarebbe andato in collera contro chiunque gli avesse detto che le avventure di Renzo e Lucia erano invenzioni.



Il compito primo e fondamentale del poeta è inventare miti, favole, storie, che poi si allontanino da lui fino a perdere ogni legame con la sua persona, e in tal modo diventino patrimonio comune degli uomini, e quasi cose della natura.>>



M. Bontempelli, Consigli, in “900”, Marzo 1927




Pensavo a quante cose si possono dire su uno specifico argomento senza che si riesca mai a cavarne una sola mezza verità.
Creare un’opera che abbia vita propria, che arrivi il più lontano possibile, laddove il suo creatore umano non sarebbe in grado di giungere nemmeno nel più ottimistico dei pensieri, è stata prerogativa di pochi nella storia.
Eppure quante cose si scrivono ogni giorno…quante pagine orribili e illeggibili, quante altre degne almeno di passarci sopra una mezzoretta, sorseggiando un thè.



Pensavo a me stessa: un Falubert auto-imposto che mi relega nel regno dell’incompiutezza perenne.
Sono fermamente convinta che la scrittura abbia vita propria e che evolva nel tempo in relazione al suo autore. Non si può aspettare neanche un anno di più, neanche un mese…le cose vanno scritte, date alla luce e lasciate andare per il mondo.
Riprese in mano a posteriori, non saranno mai più le stesse.



Quando avevo 15 anni ho scritto un romanzo sui vampiri…una stupida storia d’amore tra un’umana e un vampiro, che non ho mai terminato. A dire il vero, non so neppure che fine abbia fatto.
Quel che so di per certo è che una decina d’anni dopo il genere vampiresco ha conquistato un’intera generazione di lettori e saturato il mercato letterario con una serie di porcherie indicibili.
Non sono solita avere rimorsi, ma mi chiedo: se l’avessi finito a suo tempo quel romanzo, che fine avrebbe fatto? Posso trastullarmi al pensiero di essere stata un’adolescente precorritrice dei tempi, oppure prendermi a bastonate in testa per la mia dannata pigrizia.
“Lo finirò prima o poi..” – mi dicevo. Troppo tardi: il film della mia vita.
Mah…a dirla tutta non sono nemmeno sicura che sarebbe uscito granché. Probabilmente qualcuno l’avrebbe preso in mano pensando che scrivo solo cazzate. Un po’ quel che penso io quando sfoglio uno qualsiasi di quei romanzetti da quattro soldi con le copertine accattivanti.
Eppure per me avrebbe avuto senso…per me l’aveva, sì. Avrei dovuto finirlo.
(Quanto odio il condizionale passato)



Fa niente. Scrivo altre cose adesso….e metà di queste non le ho ancora finite. Mi sembra quasi di poter prevedere cosa lamenterò tra dieci anni in un qualche blog. Mpf!
A proposito di prevedere…ho sognato la neve la notte prima che arrivasse. Lo faccio sempre, ogni anno. No…nessuna magia, ma mi piace sapere che certe cose non cambiano. Quelle belle, per lo meno.
Quelle brutte sto cercando di scacciarle con l’infallibile tecnica del “non ci pensare”. Però mi riesce difficile evitare di accorgermi che è febbraio, e che questo è un periodo pessimo, o meglio…lo è sempre stato.



Febbraio-Marzo sono i miei mesi apocalittici, le albe celate dell’autodistruzione. Ogni anno le più disparate disgrazie si affrettano per arrivare tutte nello stesso momento a sconvolgermi la vita, sempre in questo periodo, ovviamente.
E non sono certo solita cedere a facili superstizioni da credulona. Qui si tratta di fatti, e io sono semplicemente concreta: è sempre stato così.
Sarà che forse un po’ me le chiamo? O forse sono così inconsciamente legata al rito delle ricorrenze, che le cose succedono per non lasciarmi smarrita di fronte alla novità. Quanta premura.



Disillusa e senza aspettative in tutti i sensi, ho deciso che starò semplicemente a vedere.
La verità è che non mi importa più. E’ un’abitudine alla quale penso per educazione.
Quest’anno sono così serena che potrei quasi riderci su.




I’m far from sober.
And she’s far from sane.
When she takes my hand and she pulls me away.

She leads me down to the shoreline.
She leads me down to the shoreline.
She leads me down to the sea.
She pulls me into the water.
And then she whispers to me:



“Love, you know that I can make you stronger.
Love, you know that I can make you brave.
But there’s one thing that you must remember:
That I am too far gone for you to save.”

Sand through her fingers.
The night slips away.
She gave me her body.
But never her name.

I followed her to the shoreline.
I’d follow her to the grave.

Two sinking ships in the darkness.
And we are much too close to break away.



And I know that she will make me stronger.
And I know that she will make me see.
And I know that she will make me younger.
But I don’t know what more she’ll do to me.

And she said:

“You know that I can make you stronger.
Love, you know that I can make you brave.
But there’s one thing that you must remember:
That I am too far gone for you to save.”


Pain of Salvation - To The Shoreline

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