~ ..la Volpe Funambola ammazzaprincipi.. ~
~ Fragile ~

"...Sometimes it feels it would be easier to fall
than to flutter in the air with these wings so weak and torn..."

Original Blog -> Nepenthe


- EviLfloWeR -

* photos on flickr *
Lunacy 2 - Lunacy 3 - Lunacy 4
Lunacy 5 - Lunacy 6 - Lunacy 7 - Lunacy 8
Lunacy Ph

"Do asilo dentro di me come a un nemico che temo d’offendere,
un cuore eccessivamente spontaneo
che sente tutto ciò che sogno come se fosse reale;
che accompagna col piede la melodia
delle canzoni che il mio pensiero canta,
tristi canzoni, come le strade strette quando piove.
"

- F. Pessoa -

~ REMEDY LANE ~

- We’re going nowhere...All the way to nowhere –



"Forse sono l’uomo con le leggendarie quattro mani
Per toccare, per curare, implorare e strangolare.
Ma io non so chi sono,
e tu ancora non sai chi sono..."

F. R.

venerdì 30 marzo 2012

Searching for Serenity

Dedication to my Sister..
(Photoshoots by Elvenstar)



"Il vento di primavera canta nella cappa del camino, e di fronte alla finestra del mio studio i vecchi abeti agitano le braccia eccitati e stormiscono.



D’un tratto nel pezzetto di cielo visibile dalla mia finestra piombano giù dall’alto una dozzina di proiettili neri dalla forma aerodinamica. Grevi come pietre cadono giù fin quasi sulla cima degli alberi, poi all’improvviso dispiegano delle grossi ali nere e si trasformano in uccelli, in leggeri pennacchi che il vento impetuoso trascina via, sottraendoli al mio campo visivo.
Io mi accosto alla finestra per osservare il singolare giuoco delle taccole con il vento.



E che cosa non fanno col vento queste taccole! A prima vista sembra che il vento si trastulli con loro come il gatto con il topo. Invece le parti sono rovesciate: sono gli uccelli a trastullarsi con la furia degli elementi.



Ecco, sembra proprio che gliela diano vinta, che si lascino scagliare dal vento in alto, molto in alto, sembra quasi che cadano in cielo: poi, con un piccolo movimento negligente di un’ala si voltano sul dorso, dal disotto aprono per una frazione di secondo le superfici portanti contro il vento, si lasciano cadere con un’accelerazione molto superiore a quella di una pietra, poi con un altro minuscolo movimento dell’ala ritornano nella posizione normale, e ad ali quasi completamente chiuse si lanciano in una vertiginosa corsa di centinaia di metri contro il vento che vorrebbe sospingerli dalla parte opposta.



E tutto ciò non costa loro alcuno sforzo: è lo stesso gigante cieco che compie il lavoro necessario per spingere il loro corpo attraverso l’aria a più di cento all’ora: le taccole non fanno nulla, si limitano a pochi blandi mutamenti di posizione, quasi impercettibili, delle loro ali nere: quale stupendo dominio sulla forza bruta, quale inebriante trionfo del vivente sulle forze elementari dell’inorganico!



[…] Se è vero che il termine canicola è connesso etimo logicamente con i Greci e con Sirio, io lo prendo alla lettera: quando infatti ne ho fin sopra ai capelli del lavoro intellettuale, quando non ne posso più di dire cose intelligenti e di comportarmi come si deve, quando alla vista di una macchina da scrivere sono colto da una nausea irresistibile, sintomi questi che di solito compaiono verso la fine dell’anno accademico, io divento un cane tra i cani, o meglio un animale tra gli animali.



Allora mi ritiro dal consorzio umano e vado in cerca delle bestie, per il semplice fatto che non conosco forse nessuna persona che sia spiritualmente abbastanza pigra per farmi compagnia quando sono in questo stato d’animo. Io ho il dono inestimabile di poter completamente arrestare i miei processi mentali superiori mantenendomi in uno stato di perfetto benessere, e questa è la imprescindibile premessa per potersi sentire così bene come le cinquecento scrofe di Goethe, divenute proverbiali.



Quando in una calda giornata estiva io faccio una nuotata nel Danubio e poi, simile ad un coccodrillo nel fango, mi stendo sulle verdi rive di un ramo secondario, quasi fiabesco nella sua realtà, del grande fiume, in un paesaggio primordiale in cui manca il minimo richiamo alla civiltà umana, a volte riesco a operare quel miracolo cui tendono come una meta suprema i più grandi saggi dell’Oriente:



senza che mi addormenti, il mio pensiero si dissolve nella natura circostante, il tempo si arresta e non significa più nulla, e quando il sole che tramonta e la frescura serale mi invitano a rincasare, non so più se sono passati dei secondi o degli anni.



Questo animalesco nirvana costituisce il migliore contrappeso al lavoro intellettuale, ed è un vero balsamo per le molte piaghe che, nella sua corsa affannosa, l’uomo moderno porta nell’anima."


(Konrad Lorenz – L’anello di Re Salomone)



“(Guardando incroci e attraversandoli
Guardando tutte le luci rosse
Guardando lo stress
Guardando i barboni e i banchieri e le macchine che sfrecciano
Sto affondando in questo disordine)



Aiutatemi! Liberatemi! Salvatemi! Rendetemi libero!
(Guardando tutto lo stress)
È strano - in mezzo a tutta la gente mi sento solo.
Molto strano - nonostante il sole ho freddo fin dentro le ossa!
Se questo è progresso, lasciatemi fuori!



Sopra i tetti, mi sento vivo - amorevolmente distaccato dall’alveare umano.
Sopra i tetti, mi sento così libero!
Lontano dalla città, che mi sta soffocando.




(Guardando incroci e attraversandoli
Guardando tutte le luci rosse
Guardando lo stress
Guardando i barboni e i banchieri e le macchine che sfrecciano
Sto affondando in questo disordine)



È questo quello che vogliamo?
Io credo: sotto la superficie, siamo diventati pietra.
Non vedete? Incontrate i vostri vicini per telefono!
Sono sveglio - guardatemi! Fuggirò - guardatemi!
Se questo è progresso, aiutatemi a regredire!



Solitario, nell’oceano, mi sento vivo - amorevolmente distaccato dall’alveare umano.
Solitario, nell’oceano, mi sento così vivo!

Lontano dalla città, che mi sta soffocando.



Vivete troppo superficialmente, agendo troppo profondamente!
Fallite nel seminare, ma raccogliete con orgoglio!
...e ne volete ancora di più!
Gli indiani ci mostrano da dove venite,
lo stress ci indica cosa siamo diventati, tutti!



Vi sveglierete in tempo!
Scapperete in tempo!
Vi sveglierete in tempo!
Vedrete qual è la puntata!
È questo ciò che vogliamo? ...è questo ciò di cui abbiamo bisogno?


(PoS – Stress)

No, you don't



Illusioni…cosa sono le illusioni? Sogni che vorremmo divenissero realtà, piccoli e astuti inganni che tessiamo a noi stessi per fingere la luce dove regna il buio.

Si dice che le illusioni siano fragili. Le costruiamo pazientemente giorno dopo giorno, e divengono sempre più solide e convincenti…hanno la parvenza di ciò che non può crollare.
Ma ciò che appare spesso non è, e ogni desiderio sfuma in uno squisito inganno con il retrogusto dell’amaro veleno.



L’uomo soffre ogni giorno per i mali che la vita porta: dolori fisici, concreti, reali. Ma ancor più ferisce quel che non è tangibile e non si può definire…quel che non esiste, e fa soffrire proprio perché vorremmo che esistesse.



Chi li ha mai visti i sentimenti? Eppure sono loro a provocare i moti dell’anima che tanto devastano i cuori umani. L’uomo è incompleto, ed è per questo che non può trovare pace.
La cura più semplice è fingere…colmare il vuoto di ciò che non può esistere con tante, belle…illusioni.
E’ così bello sognare, tenere gli occhi chiusi stretti, e cullarsi in tutto quello che la nostra fantasia ama immaginare.



Eppure non si può rifuggire la realtà a lungo, prima o poi la vita ci costringe a sbattere la testa, e ad aprire gli occhi giusto in tempo per vedere quelle fragili illusioni frantumarsi irrimediabilmente…
Tanti piccoli frammenti di cristallo che non svaniscono nel nulla, no, si conficcano uno per uno e tutti insieme nel cervello, nel cuore, e nell’anima. Vessilli permanenti, per ricordarci che è stato bello sognare.




***

"Fiumi di disprezzo inondano una terra
fertile solo di ingannevoli bugie artificiose.
Sabbia pregna di acqua malsana
alimenta fiori violacei sulla terra bruna.
Scorrono rivoli di lava bollente
tra le crepe delle bianche rocce frananti.

L’anima arde all’inferno,
mentre il corpo ancora sconta le sue pene
ancorato al terreno mortale frantumato.
Gli occhi iniettati di sangue e veleno,
e il cuore rigonfio di folle agonia
nella stretta vorace del destino.

Nella testa germogliano frutti malati,
nati da ostili semi di amore fasullo,
ingeriti tra gli stenti della fame insanabile.
Il tempo infinito li ha resi parassiti famelici.

Quel che resta è il rancore sul palmo della mano aperta,
trafitta dal pugnale di fiera amicizia.
L’appeso oscilla nel vento saturo di cenere,
sospeso nel suo destino inetto;
il tempo si annulla,
il corpo si svuota, solo l’involucro resta
a dondolarsi tra le braccia della morte ladra."


lunedì 26 marzo 2012

In the breeze




- Siediti un momento, perché hai fretta? La bellezza è intorno a noi.

Il cielo rosso del mattino, i diversi colori dei paesaggi, la freschezza della brezza.

Quindi, siediti un momento e riposa con gli spiriti della terra. –




Buongiorno, mi chiamo Dino Formaggio e per una cinquantina d’anni ho insegnato Filosofia dell’arte in alcune Università del Nord Italia: Pavia, Padova e Milano. L’argomento che dovremmo affrontare oggi, richiederebbe per lo meno la durata di un intero corso universitario, ma proveremo lo stesso ad affrontarlo.

Tutta l’arte è un’esperienza emozionale e scaturisce da logiche che, in qualche modo, appartengono all’inconscio - ovvero al mondo delle emozioni - e che in seguito vengono sviluppate dalla coscienza.

È certamente su questa base - il continuo spaziare tra una logica dell’inconscio e una logica della coscienza - che il principio dell’arte fonda le proprie ragioni.



STUDENTESSA: Di fronte ad un potente fenomeno naturale - quale potrebbe essere quello provocato da un’enorme cascata d’acqua - proviamo un certo tipo di emozione. Nel guardare un quadro che rappresenta la stessa cascata, invece, l’emozione a cui andiamo incontro risulta diversa, soprattutto a causa del fatto che in esso il soggetto viene filtrato dallo sguardo dell’artista. In che misura l’artista deve rappresentare fedelmente l’emozione provocata da un certo spettacolo naturale e in che misura, invece, deve rielaborare tale emozione, per poi renderla nell’opera d’arte?



FORMAGGIO: Lei tocca un aspetto fondamentale del problema. L’arte nasce tramite un distanziamento dal reale, più o meno accentuato. Non v’è dubbio che l’arte non coincide col reale: in che modo riesce a differenziarsene e a divenire altro da esso?
Tramite l’assunzione di forme che trascendono quelle della natura: una poesia, un brano musicale o un quadro, costituiscono sempre un qualcosa che travalica i confini degli oggetti naturali..
Potrebbe darsi - come qualcuno ha detto recentemente - che a regolare questo processo sia un "principio di indifferenza" il quale, stranamente, è apparso nella storia dell’arte con l’avvento dell’età moderna.
È proprio l’età moderna, infatti, a creare nella costruzione dell’opera d’arte il distacco nei confronti degli eventi naturali.
Nella Olimpia di Manet, ad esempio, la donna rappresentata era una giovane prostituta, e quando la dipinse - circa nel 1863 - l’artista gettò le basi per l’impressionismo. In questa tela, infatti, viene messo in opera il distacco dalla realtà: Manet avrebbe potuto raffigurare la sua modella come un essere contorto, malato e vizioso; al contrario, egli non partecipò emotivamente a ciò che andava dipingendo e la ritrasse nello stesso modo in cui, fino ad un secolo prima, i pittori potevano rappresentare un nudo di contessa. In questa tela, quindi, viene portato avanti quel processo di distanziamento che diverrà una delle caratteristiche dell’arte moderna e contemporanea.



STUDENTE: In via di principio, qualsiasi cosa potrebbe essere considerata un’opera d’arte. Quali sono i canoni che Lei adotta nel distinguere ciò che è arte da ciò che non lo è?



FORMAGGIO: Ho insegnato Filosofia dell’arte per molti anni, e se dovessi ridurre l’arte ad un principio unitario - il più semplice possibile - probabilmente affermerei che l’arte è ciò che acquista forma.
Il problema dell’arte si risolve nel creare e nel far vivere una forma, in modo da trasmetterla agli altri. In ciò potrebbe essere vista la "pura arte": essa sembrerebbe coincidere con la "pura formalità".
Ma affermare una cosa del genere non è del tutto esatto: a ciò si dovrebbe aggiungere quello che, circa un secolo fa, veniva chiamato "presenza contenutistica", ovvero un insieme di contenuti psichici.
L’arte ha di recente seguito un percorso che, dal concreto, l’ha portata verso l’astratto: è nato l’astrattismo e, insieme ad esso, delle correnti in cui l’arte viene ridotta ad un insieme di giochi di linee, forme e colori che non ci parlano più della natura e che non ci raccontano più nulla.
"Il racconto è morto, insieme agli dei", direbbe Nietzsche, perché la "morte di Dio" si è risolta nella morte dei valori esistenziali. Per rispondere esaurientemente alla Sua domanda, comunque, bisognerebbe portare avanti un discorso molto più complesso di quello che ho appena abbozzato.



STUDENTESSA: Se il concetto di bello in arte risulta relativo ad una data epoca storica e non può essere universalizzato, si potrebbe correre il rischio di qualificare qualsiasi cosa come arte. In che modo, oggi, un oggetto può avere valore?



FORMAGGIO: Il concetto di bello è stato in auge fino al 1950 circa, anche nell’ambito della filosofia dell’arte. Per quel che mi riguarda, in cinquant’anni di insegnamento non ho fatto altro che combattere la sua pretesa di essere adatto a costituire il valore di un’opera d’arte.
"Bello", in realtà, non significa nulla. Bisognerebbe prima qualificarlo: con "bello", infatti, si potrebbe intendere l’armonia precisa, oppure l’equilibrio degli stati.
L’arte contemporanea, dal canto suo, ha rotto gli equilibri ed ha creato delle opere d’arte che hanno abolito tale concetto di bello.
Picasso, tanto per fare un esempio, non disse mai che l’arte dovesse riferirsi al "bello", e lo dimostrò tramite i suoi lavori. Il bello si è quindi ridotto ad una categoria "denutrita" che non ha più la capacità di acquisire valore. Quando, all’uscita di un teatro, di un cinema o di un museo, ci voltiamo verso chi ci ha accompagnato affermando: "Bello quel dramma!", oppure: "Bello quel film!", o anche: "Bello quel quadro!", in realtà pronunciamo una frase vuota, tanto che il nostro accompagnatore sarebbe perfettamente in diritto di controbattere dicendoci: "Perché pensi sia bello?". Al punto tale che o siamo costretti ad abbandonare il concetto di bello, o dobbiamo esordire con un discorso che chiami in causa le forme, la tecnica artistica ed altri elementi che permettano un giudizio di valore comune sull’opera d’arte in questione.



STUDENTE: Tornando al problema dei canoni da adottare per creare e giudicare un’opera d’arte e all’odierno concetto di bello, Lei ritiene che l’artista del Novecento non segua alcun tipo di precettistica, oppure crede che anche lui abbia un qualche punto di riferimento?



FORMAGGIO: In filosofia dell’arte è ormai chiaro che l’arte contemporanea si crea da sé i propri canoni. Com’è ovvio, però, per creare delle nuove forme bisogna partire dalle precedenti: in qualche maniera le forme insegnano.
Non c’è dubbio che il punto di partenza per ogni artista consista nel guardare le forme altrui e nello studiare, ad esempio, la bottega d’arte del Quattrocento e del Cinquecento, dove i grandi artisti andavano a formarsi imparando le tecniche necessarie. All’epoca, questo modo di fare portava alla creazione di un vasto mondo di sapienze tecniche, che possono essere descritte come le "forme" tipiche di una determinata bottega.
Al giorno d’oggi vi è il tentativo di riformare alcune "botteghe artigiane", comprese quelle di livello artistico superiore. Generalmente la grande arte, quella prodotta dal "genio" vero e proprio, pur partendo da forme preesistenti, ne crea delle nuove seguendo delle regole proprie.
Ogni opera d’arte possiede un suo sistema di regole con il quale costruirsi e comunicare.




STUDENTESSA: L’arte è tutto ciò che dà emozione, o meglio, il modo in cui l’artista rappresenta e trasmette un’emozione. Al giorno d’oggi, però, i generi musicali che non coincidono con la musica classica a stento riescono ad essere considerati "arte", nonostante trasmettano delle forti emozioni. Perché?



FORMAGGIO: Mi trovo completamente d’accordo con Lei: ogni forma d’arte fa fatica a diventare di dominio pubblico. In un primo tempo essa crea scandalo, nonostante possa essere un grande capolavoro. Non v’è dubbio che la musica classica abbia lo stesso valore della musica attuale, anche di quella elettronica. In qualche modo diventa "arte" tutto ciò che, lentamente, prende il nome di "arte" nel modo di sentire comune e nel consenso dei più: l’arte è tutto ciò che gli uomini chiamano arte.
A questo punto, però, bisogna intendersi sul concetto di "uomo": seguendo certe concezioni, infatti, potremmo creare diverse tipologie di uomini. È il consenso, in genere, a creare la validità di un genere musicale, pittorico, scultoreo o poetico - così come delle singole opere d’arte - tramite una lenta maturazione.
Quando gli impressionisti iniziarono a far circolare i loro lavori, vennero sbattuti fuori dalla Mostra Nazionale francese: ciò avvenne perché essi avevano avuto il coraggio di presentare dei quadri in cui era ritratto, ad esempio, un albero tagliato dalla cornice, ovvero un soggetto non completamente visibile e non paragonabile alla pittura settecentesca, con i suoi alberelli, i suoi personaggi ben raffigurati e le sue distanze prospettiche. L’impressionismo eliminava dall’opera un "pezzo di realtà" e portava alla ribalta il modo di rendere l’opera proprio del singolo artista: era la nascita della modernità.



STUDENTE: Se prendo un oggetto comune, ad esempio una pietra, e la colloco nel suo ambiente naturale, nessuno potrà affermare che si tratta di un’opera d’arte. Se, al contrario, prendo lo stesso oggetto e lo pongo su di un piedistallo o lo espongo in una galleria - caricandolo di un determinato significato - alcuni potrebbero valutarlo come un’opera d’arte. In base a tale considerazione, non sarebbe il caso di affermare che il senso di un’opera non risiede tanto nell’emozione che può suscitare, quanto nel messaggio che trasmette?



FORMAGGIO: Non è vero che l’artista vuole trasmettere un certo messaggio: egli dipinge - o compone, scolpisce e così via - per se stesso, e non va alla ricerca del consenso. Colui che desidera la pubblica accondiscendenza produrrà solo degli lavori kitsch. Il problema da Lei posto è invece un altro, e a tal proposito Le vorrei mostrare un’opera di Duchamp: lo Scolabottiglie, sul quale sono stati scritti interi libri. Si tratta di un normale scolabottiglie - di quelli che si trovano nelle cantine - il quale, una volta che fu firmato ed esposto da Duchamp, divenne un’opera d’arte. Come è potuto accadere tutto ciò? Duchamp era anche un filosofo e, come tale, riuscì a cogliere un importante concetto di filosofia dell’arte.
Egli si fece una domanda alla quale nessuno potrà mai rispondere: "Cos’è un’opera d’arte? Se prendessi uno scolabottiglie dal vinaio, lo firmassi e lo mettessi in una galleria, esso diverrebbe un’opera d’arte?". Sì, perché il suddetto scolabottiglie subirebbe ciò che i surrealisti chiamarono lo "spaesamento", ossia la traslitterazione dal reale: quell’oggetto non servirebbe più a scolare le bottiglie, ma diventerebbe un insieme di forme.
Un grandissimo strutturalista, l’antropologo Lévi-Strauss, fece una conferenza su quest’opera di Duchamp: partendo dal presupposto che - di solito - si visita una galleria d’arte per vedere delle opere e non per scolare delle bottiglie, egli affermò che il trovarsi di fronte ad un oggetto di tal genere - scuro e pieno di bracci irti - può persino arrivare a generare un reverenziale timore d’avvicinamento.
Esso non è più ciò per cui è stato costruito, ma diventa un fantasma, un elemento che suggerisce e rimanda a qualcosa d’altro e che, per questo, suscita emozione. Tale emozione è la documentazione del fatto che lo spaesamento di un oggetto può creare un’opera d’arte.



STUDENTESSA: Quando un artista concepisce e crea un’opera, è di solito portato a considerarla "arte", sebbene essa possa non incontrare il favore del pubblico. A questo punto Le vorrei chiedere: è sempre la comunità a decidere cosa è arte e cosa non lo è?

FORMAGGIO: Personalmente ritengo che quando un vero artista si concentra sulla creazione di una sua opera, egli non sia affatto convinto di impegnarsi in qualcosa di straordinario. È semmai spinto da un profondo bisogno interiore che, semplicemente, lo porta a fare.
Com’è ovvio, l’opera nasce anche da sapienze tecniche e dall’imparare le forme dalle forme. All’interno di una data epoca, naturalmente, ci potrà sempre essere chi riesce ad essere più aderente al proprio tempo e a coglierlo in modo migliore, così come non potrà mancare colui o colei che produce arte facendo riferimento a canoni di cinquanta o sessanta anni prima: la sensibilità dell’uomo è multiforme, e varia di epoca in epoca.
Non possiamo guardare ai monumenti dell’antica Grecia o dell’antica Roma, con gli stessi occhi con cui venivano visti dagli abitanti dell’epoca, perché i parametri di uso della sensibilità si differenziano di cultura in cultura.
L’arte contemporanea è il periodo più difficile e complesso della storia dell’arte: nel suo emanciparsi da ciò che l’ha preceduta - attraverso movimenti quali l’impressionismo, l’espressionismo, il surrealismo, l’astrattismo e il costruttivismo russo - ha creato una serie di contraddizioni interne. Ciascun movimento nuovo negava le forme del precedente e, in questo continuo sommovimento prodotto dalla sperimentazione, il pubblico si trovava perennemente spiazzato: non faceva in tempo ad abituarsi ad una forma, che già se ne trovava di fronte una nuova.
Nonostante il pubblico di Parigi fosse molto colto, non riuscì a capire Manet - che, da parte sua, non amava gli scandali - e lo attaccò duramente. Manet e Baudelaire furono pressoché contemporanei, ed entrambi vissero e rappresentarono in maniera estremamente profonda il loro tempo. In tal modo nacquero una pittura ed una poesia che posero le basi della modernità e che per prime operarono quel distanziamento dall’oggetto naturale di cui abbiamo parlato in precedenza.



STUDENTE: È l’arte che genera l’emozione oppure è l’emozione che genera l’arte?

FORMAGGIO: È il vecchio problema della gallina e dell’uovo. L’uomo è emozione: lo era davanti ai tramonti dei primordi e lo era di fronte allo zampillare dell’acqua dalla roccia.
Si potrebbe rispondere che l’arte è un’infinita possibilità di emozioni e di esperienze che arrivano ad un grado di compiutezza e che, generalmente, non sono raggiungibili nell’arco di una vita.
Nella vita normale, una amicizia compiuta e perfetta potrebbe benissimo diventare un’opera d’arte.
Vi saluto e vi ringrazio per la vostra attenzione.

Leaving Entropia






“Il sole emerge dalle nuvole, incalzante nel cielo.
Pensieri vengono evocati dietro occhi distanti,
ma le persone stanno solamente passando, con sorrisi come protezioni.


Incapace di vedere dietro la creatura che egli sembra essere.
Una volta, egli era un bambino con desideri ardenti,
con speranze e sogni per quello che doveva venire.



Ha perduto un po’ di fede, ma ci sono ancora fuochi,
così nel profondo, che lui deve immergersi, per soffocarli.

Se noi potessimo provare a condividere un po’ delle sue ferite,
solo per un momento...
Ma noi siamo persone che stanno solo passando.

Lui sta cercando, fra la folla, colui che è andato via
rifiutando i fatti ancora una volta
parlando troppo forte per far tacere il bagliore
con la freddezza, che viene a far parte della sua via.



L’empatia non può arrivare, in mezzo a tutte queste accuse.
I sorrisi ora dimenticati, sono bloccati nelle loro cornici.
Ora lui sta contando il tempo in preghiere e bottiglie
che scompaiono in mezzo a vecchie notizie.
Ha perduto una guerra: "Sarò morto per così tanto?"
Può ancora sentire la sua voce, in mezzo al gelo.

Se potessimo provare a cancellare un po’ del suo dolore per un po’,
ma noi siamo persone che stanno solo passando.




Una volta egli era forte, e pieno di visioni
con una vita in anticipo, aveva posto i suoi obiettivi.
Poi, le cose andarono storte.

Ora la sua ambizione è cambiata in sorrisi conservati in cornici.
Potrebbe essere ancora forte, potrebbe essere ancora un profeta!
Potrebbe insegnare la verità ad ogni uomo!
Lui vedrebbe la luce in mezzo ad ogni ombra, ma Entropia glielo nega.

È seduto, stordito, mentre il crepuscolo scende.
Da solo, sussurra "Buonanotte".
Voltandosi indietro, mentre cala il sonno,
a tutte quelle persone che stanno solo passando.




“Cammina con me
e vedi il mondo che vedo io.
È la nostra casa,
è il luogo a cui tutti noi apparteniamo.

La vita è semplice,
un fragile abito che indossiamo,
un rapido singhiozzo,
anche se può sembrare senza senso...
La vita, come la morte, non è un sogno.

Non devi camminare sulla loro strada.
Non devi guardare lo spettacolo.
Non devi stare al loro gioco.
E non devi morire, per lasciare Entropia.



Tutto resta...
Sorrisi dimenticati, in cornici.
Due vite effimere tagliate su misura per una tasca.

Cammina con me
e cambia il mondo che vediamo.
Cesseremo di essere solamente persone che passano.
Il nostro posto è dove riusciamo ad arrivare.

Non devi piangere ulteriormente.
Non devi avere tutto.
Non devi vincere la guerra.
Se la morte non è un sogno,allora non lasciarmi...
...addormentare.”


(Daniel Gildenlow)

sabato 17 marzo 2012

Di passaggio




“Passano gli anni,
i treni, i topi per le fogne,
i pezzi in radio,
le illusioni, le cicogne.



Passa la gioventù,
non te ne fare un vanto:
lo sai che tutto cambia,
nulla si può fermare.



Cambiano i regni,
le stagioni, i presidenti, le religioni,
gli urlettini dei cantanti.



E intanto passa ignaro
il vero senso della vita.



Si cambia amore, idea, umore,
per noi che siamo solo di passaggio.



L’Informazione, il Coito, la Locomozione.
Diametrali Delimitazioni,
Settecentoventi Case.



Soffia la Verità
nel Libro della Formazione.
Passano gli alimenti,
le voglie, i santi, i malcontenti.



Non ci si può bagnare
due volte nello stesso fiume,
né prevedere i cambiamenti di costume.



E intanto passa ignaro
il vero senso della vita.
Ci cambiano capelli, denti e seni,
a noi che siamo solo di passaggio.”





- Compare Socrate influenzò Platone, che influenzò Aristotele, che non fu capito da Avicenna, secondo Averroè, che attaccò Al Ghazali, che influenzò Farid ad din ‘Attar, che attaccò i filosofi greci.

Io che sto diventando sabbia del deserto, ringrazio i venti che mi cambiano forma e punto di osservazione, un ideale perseguo, anacronistico e ridicolo: il miglioramento. -


F. Battiato