~ ..la Volpe Funambola ammazzaprincipi.. ~
~ Fragile ~

"...Sometimes it feels it would be easier to fall
than to flutter in the air with these wings so weak and torn..."

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- EviLfloWeR -

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Lunacy Ph

"Do asilo dentro di me come a un nemico che temo d’offendere,
un cuore eccessivamente spontaneo
che sente tutto ciò che sogno come se fosse reale;
che accompagna col piede la melodia
delle canzoni che il mio pensiero canta,
tristi canzoni, come le strade strette quando piove.
"

- F. Pessoa -

~ REMEDY LANE ~

- We’re going nowhere...All the way to nowhere –



"Forse sono l’uomo con le leggendarie quattro mani
Per toccare, per curare, implorare e strangolare.
Ma io non so chi sono,
e tu ancora non sai chi sono..."

F. R.

martedì 2 ottobre 2012

Tutto fa un po' male



Settembre è già alle spalle e io non ho ancora visto la nebbia. Mi alzo presto la mattina e mi affaccio alla finestra solo per chiudere gli occhi e immaginarmi casa mia.

L’orizzonte è lontano e la nebbia sale dai campi rendendo la visuale sfuocata. È un mondo che non c’è, un limbo che non ha nome, una terra di nessuno sospesa tra sogno e realtà.
È una coltre leggera di fumo che rende meno buia la notte ma non ti lascia vedere dove stai andando.

Mi manca, a volte, la strada che sembra non aver termine; mi manca il silenzio della notte, la sensazione di essere irrimediabilmente distante da tutto.
Sono tornata a casa di rado ultimamente. Sento la mancanza di Kim, dei miei genitori. Ma purtroppo manca anche il tempo, e con quello non si può certo scendere a compromessi.
E mi sento smarrita senza la nebbia in autunno. Sarà assurdo, ma qui non arriva.



Ieri sono stata a casa. Ogni tanto, quando torno, mi impongo di sistemare qualcosa che ho lasciato in sospeso. Perché ormai è passato un sacco di tempo e sembra tutto normale, ma quando ho deciso di andar via l’ho fatto all’improvviso. Non se lo aspettava nessuno, e non c’è stato nemmeno il tempo di mettere un punto alla fine di ogni frase.

Non accendevo il pc fisso da…da? Non lo so da quanto, il fatto è che è rimasto tutto com’era prima che me ne andassi. Il tempo si è fermato ad un giorno imprecisato di un anno e mezzo fa, e sul desktop è pieno di documenti temporanei che non ho più cancellato, di files lasciati in sospeso, di icone di programmi che non ho usato più.

Sembrerà una stupidaggine, ma mi ha lasciato un senso stranissimo addosso. Smanettare qualche minuto su quel computer è stato come rivedere me stessa prima che tutto cambiasse.
La mia vita era quasi tutta lì, per il resto c’era solo un enorme baratro. Quel baratro che ho dovuto saltare a piedi uniti per poterne uscire davvero.

Non sono sicura di aver ancora trovato il modo di fare la pace con me stessa, così come non so ancora se sono in grado di giudicarmi per quella che ero, di affermare con certezza che era tutto sbagliato.
La distanza che adesso mi separa da quel periodo della mia vita è netta, ad osservarmi con il senno di poi non ritrovo oggi quasi nulla di quel che ero. Ma quanti anni ho passato così? Quanto è stata strana la mia vita? Quanto mi ha dato come persona quel contesto? E le persone che lì ho conosciuto? Alcune di queste sono ancora tra le persone più importanti della mia vita.
Eppure continuo a sentirmi addosso quel sentore di terribilmente sbagliato e non riesco a capire in quanta parte riguardi soltanto me.

È un discorso difficile, mi rendo conto di non essere ancora in grado di avere una visione d’insieme, distaccata abbastanza da poter analizzare la situazione con obiettività.
Lascio tutto in un cassetto e mi riservo di riaprirlo ogni tanto, solo per cercarvi delle risposte che non trovo mai.

Fisso lo schermo e mi sembra un vortice pronto ad inghiottirmi di nuovo. Mi vien voglia di ritrovare me stessa, di potermi osservare adesso per com’ero prima, di capire se nonostante tutto ero felice…se ero...migliore?
Rileggo me stessa ed è tutto ancora più strano. Non so più distinguere il bene dal male, mentre cresce in me il dubbio atroce che non fosse poi tutto sbagliato. Uno o due passi falsi…che se li avessi potuti evitare sarebbe stato tutto diverso.

Ma lo so che non è così, so che tutto è stato necessario, so che prima o poi sarei dovuta uscirne e va bene che sia andata così.
Anche se sono stata estrema fino al limite del possibile, anche se ho distrutto tutto in pochi attimi e senza pietà per nessuno, me per prima.


“Lo capiremo prima o poi, che non c’è modo di rinascere senza peccare.
Ma tu hai voglia di rinascere, o è solo che non sai come finire?”



A volte cerco di ripensarci, di ripercorrere le tappe, di analizzare la situazione per intero. Ma è tutto inutile, lo è sempre stato.
Avrei voglia di tornare là, di osservarmi dall’esterno, di trovare una ragione. Avrei voglia di trovare le risposte che non avrò mai.
E la cosa più stupida è che so benissimo che nemmeno mi importa più, che non cambierebbe nulla per il mio presente.
Credo sia colpa di quella voglia latente di trovare un perdono. Di assolvermi dai miei peccati.
Ma ogni volta va a finire sempre nello stesso modo: le domande restano, e di giustificazioni ne posso trovare a centinaia, ma il perdono, quello non arriva mai.
Cosa farei se potessi chiederti “perché”? Cosa farei se mi accorgessi che qualsiasi risposta è inutile?


Così mi sembra tutto senza senso: quel cd con l’iniziale che ogni volta vorrei buttar via, i quadri nelle stanze abbandonate, i versi delle canzoni che fanno ancora piangere.
E sembrano venire da un’altra epoca gli occhi scuri di Kim che mi fissano con dolcezza, il silenzio dei campi, il rumore dell’erba sotto i passi svelti, l’altalena che oscilla senza nessuno seduto sopra.

Non riesco a tracciare un confine tra presente e passato, anche se so vedere esattamente tutte le differenze tra i due. Così, tutto quel che non posso più portare con me lo lascio in un limbo indefinito, che scompare come i campi al mattino coperti di nebbia.

E fa sempre un certo effetto mettermi in macchina con il buio sapendo di avere un sacco di strada davanti a me, con la pioggia che accorcia la visuale, la radio che parte al massimo volume, e quella solitudine perfetta che una volta tanto amavo.

Ripenso a quando solo così riuscivo a piangere, a liberare il cuore, ad urlare. Adesso invece lascio cantare Trent, come facevo quando avevo perso anche la speranza e la voglia di gridare.
E lui urla a squarciagola tutto quello che ho vissuto, tutto quello che ho provato sulla mia pelle, tutto quello che forse avrei preferito non sapere.

La musica è un caos informe che riesce a dare forma ai disastri dell’anima, e mentre lui grida che ormai “ci siamo dentro insieme”, che “nessuno ci può fermare”, io ripenso a quando ho visto la tua mano spingermi verso il burrone, a quando il frastuono svanisce lentamente e in un sussurro tutto il mondo cade a pezzi.
“Without you everything falls apart…. Without you, it’s not as much fun to pick up the pieces.”

Ma io i pezzi li ho raccolti, ho camminato sopra i cocci che si sgretolano producendo quel rumore assordante che scandisce il ritmo di “The fragile”. Ero là anch’io, prima di qualsiasi altra cosa, io ero come te. Io ero come me. Io non mi sarei mai lasciata distruggere.



Dev’essere la pioggia che mi rende incline alla malinconia. O forse quest’avvicinarmi ad una fine che mi costringe a ripensare tante cose.
All’avvicinarsi di ogni termine di una fase della propria vita i conti devono esser fatti, e le fratture ancora aperte sono sempre le stesse. Semplicemente, non fanno più male.

Ma non è vero che il tempo sistema le cose, il tempo sa solo cancellare le tracce di coloro che non passano più sulla mia strada. E cosa farei se il tempo si annullasse in un istante riportandomi davanti tutto quel che ho cercato di dimenticare?
Del tempo non ci si può fidare: è un così abile traditore travestito da sapiente.



Cosa farei se dovessi ritrovarmi di fronte la vita che avevo un tempo? Cosa farò?
Non basteranno un abito meraviglioso o dei tacchi troppo alti a farmi sentire diversa da com’ero, nella stessa situazione, qualche anno fa.
Non sarà niente l’angoscia, la paura di affrontare una commissione, di sbagliare qualcosa. Non me ne frega più nulla da troppo tempo. Ho finito solo perché avevo un debito, non l’ho fatto per me stessa.
Ho odiato ogni notte insonne, ogni attacco di panico, ogni passo fatto dentro quei luoghi che ormai per me non erano altro che lapidi in rovina di un passato perduto.

Ma non sapevo che la prova più dura sarebbe stata un’altra.
Sì, io ho paura. Temo il tuo fantasma, temo la mia ombra.


“..beh, forse fa un po’ male
forse fa un po’ male
ma tutto fa un po’ male
tutto fa
tutto fa un po’ male…”


(Afterhours – Tutto fa un po’ male)

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