~ ..la Volpe Funambola ammazzaprincipi.. ~
~ Fragile ~

"...Sometimes it feels it would be easier to fall
than to flutter in the air with these wings so weak and torn..."

Original Blog -> Nepenthe


- EviLfloWeR -

* photos on flickr *
Lunacy 2 - Lunacy 3 - Lunacy 4
Lunacy 5 - Lunacy 6 - Lunacy 7 - Lunacy 8
Lunacy Ph

"Do asilo dentro di me come a un nemico che temo d’offendere,
un cuore eccessivamente spontaneo
che sente tutto ciò che sogno come se fosse reale;
che accompagna col piede la melodia
delle canzoni che il mio pensiero canta,
tristi canzoni, come le strade strette quando piove.
"

- F. Pessoa -

~ REMEDY LANE ~

- We’re going nowhere...All the way to nowhere –



"Forse sono l’uomo con le leggendarie quattro mani
Per toccare, per curare, implorare e strangolare.
Ma io non so chi sono,
e tu ancora non sai chi sono..."

F. R.

sabato 5 ottobre 2013

The fox's den

Casa mia. Il buio è così perfetto che tutta la mia vita in mezzo al traffico, allo smog, al trambusto cittadino, mi sembra una farsa insopportabile.

Brindo ai miei, a tutti gli anni che hanno passato insieme, e sento di essere con le uniche persone al mondo che non mi deluderanno mai. 
Eppure sono scappata anche da loro. Ma per ogni cosa c’è il suo tempo, e quando il tempo è scaduto bisogna aver la forza di andarsene.

Penso ai miei errori, ai propositi di non commetterli mai più….alla mia convinzione di aver fatto scelte ben mirate questa volta. Quante certezze ci costruiamo per ripararci dalla realtà che non è mai come la vorremmo?
Non mi pento delle mie scelte, davvero, di nessuna, ma sono costretta a prendere atto dei miei fallimenti continui.

Vorrei avere il potere di cambiare le cose, la capacità di accettare, sorvolare, ingoiare, fregarmene. Ma a chi la voglio dare a bere? So bene come sono fatta. 

Continuo sulla mia strada e perdo pezzi. Ma sono capace di adattarmi e di cambiare forma infinite volte, devo solo continuare a trovarne la forza. 
Non importa se ho un altro squarcio e se ho dovuto una volta ancora ributtare tutto dentro, come Malte disteso sul letto a fronteggiare la “Cosa Grande”. E’ una febbre che nessuno vede, non ha cura e non c’è consolazione.

Ascolto il vento fra gli alberi mentre mio padre si ostina a voler cambiare una lampadina della mia macchina nel cuore della notte. Si preoccupa troppo, e forse fa bene.
Ripenso alle stelle, ai miei sogni, alle notti ferma in macchina a guardare il cielo perché tanto sapevo che non sarei riuscita a dormire. Per un attimo ho la sensazione che io non ce la farò mai a restare in un qualsiasi posto senza impazzire.

E’ ora di tornare da casa mia…ho un’altra casa che mi aspetta, in un posto che odio ma che è diventato in ogni caso “mio”. 
Percorro le stesse vie che ho fatto migliaia di volte prima di andarmene. Mi godo il buio, la strada che sembra finire nel nulla, i NIN nelle orecchie. Sento i miei fantasmi, sono lì con me. 

Poi parte Only, e penso a quanto mi è stata utile quella canzone quando ho dovuto imparare a fare la volpe senza principi e senza stelle. Mi ricordo bene quel periodo, quelle notti, ancora non so come ho fatto a tirarmene fuori, forse non ne sono mai realmente uscita.

Ma è allora che ho visto lei: con un balzo maestoso mi ha attraversato la strada, si è fermata un secondo a guardarmi, poi è sparita nel buio. 
Sì, una volpe. Ho pianto come una bambina.

venerdì 4 ottobre 2013

Sleeping with ghosts

Non riesco a dormire, e sono patetica se mi ritrovo a scrivere solo quando ho un nodo alla gola e non conosco altro rimedio per sentirmi meglio. Una scrittrice delle cause perse, una Adele H. che cerca una cura fai da te, ma non è ancora diventata abbastanza cieca da essere in grado di sopportare la realtà.
Pensavo che non mi sarebbe più successo: riversare fuori all’improvviso tutto quello che a suo tempo ho cercato di buttar dentro alla rinfusa. I’m healing now, diceva Daniel. E sono guarita, ovvio che sono guarita. Dovevo guarire, non c’erano altre strade.
La verità è che i fantasmi non se ne vanno mai, anche quando si fanno più silenziosi dandoti quasi l’impressione di essertene liberata. Sono consapevole di portarmi dentro tutto quello che è stato, la parte di me che ho dovuto uccidere, i miei incubi, la mia voragine, la mia vita che mi ha resa quella che sono. Non ho mai sentito il peso alleggerirsi, mai. Ho semplicemente imparato a conviverci.
Ero convinta di cavarmela piuttosto bene ormai. Molte piccole cose che fino a qualche mese fa mi riportavano sull’orlo della voragine adesso avevo imparato a controllarle. Una confortante insensibilità.
Tutte balle. Come mente bene la mente al cuore.
Basta uno stupidissimo evento, che scatena altri eventi, e una catena di casualità insignificanti si sprigiona fino ad arrivarti come un cazzotto in pieno stomaco. Ecco fatto: tutto quello che avevi stipato dentro se ne esce in un solo istante e finisce ovunque, sparpagliato. Ci sono tutti i tuoi fantasmi, i tuoi demoni, il tuo sangue versato. E non ce la fai a guardarli così direttamente in faccia.
E allora piangi e non riesci a trattenere gli spasmi del tuo corpo che fanno ancora male come la prima volta. E sembra quasi un film nel quale puntualmente torna la stessa scena: sei ancora lì al buio in macchina, con la stessa canzone, lo stesso dolore e la vista annebbiata.
Ma chi cazzo te lo fa fare di ricostruirti una vita se tanto sai bene che cammini in circoli? L’hai sempre saputo, fin da quando la prima volta ti sei accorta di esserti innamorata dell’impossibile.
Parlo a te che non sei più me. Ma ne sono poi così sicura? Rivedo le stesse scene, sento la tua voce, eppure sono certa di averti uccisa.
Sono più forte io. Tranne quando la vita mi prende a cazzotti sullo stomaco.
Divertenti, le coincidenze. Due parole su quel che è stato, i fantasmi che d’improvviso ti assalgono, e la realtà che sovrapponendosi a ciò che la tua mente cerca di evitare ti costringe ad accorgerti che è sempre la stessa storia. Anzi, stavolta è peggio, perché la vita ti ha presentato il conto facendotelo salato. Quel che rifuggivi alla fine te lo sei scelto, ed è inutile che te ne penti adesso, lo sapevi a cosa andavi incontro.
Ci illudiamo di amare qualcuno, qualcosa, una situazione, una prospettiva di vita.
Ma siamo semplicemente soli. Soli con i nostri ciclici ritorni di tutto quello che avremmo voluto evitare.
Soli con la consapevolezza che anche se qualcuno riesce a toccarci il cuore, la vita riuscirà a farcelo dimenticare. No one there, Sami lo sapeva.
Odio quel che ho avuto e mi struggo di nostalgia per ciò che non avrò mai.
Non riesco a vivere, non ci sono mai riuscita. Ho sempre troppe aspettative e le delusioni inizio a non sopportarle davvero più.


Ma sono una scrittrice patetica, probabilmente è ciò che mi merito.

...

Il fatto è che sto perdendo pezzi.
Ogni volta che qualcosa si rompe mi chiedo dove vadano a finire tutti i cocci che non riesco più a far combaciare alle estremità.
Compromessi, facciamo altri compromessi.
Sai cosa mi ferisce, forse solo in parte, ma non basta a non fartelo fare.
Vogliamo la nostra libertà, pretendiamo ciò che ci spetta. I compromessi aggiustano tutto.
Eppure ogni volta che ingoio le lacrime c’è qualcosa che si perde per sempre.
Temo il giorno in cui arriverà la sensazione che neanche l’amore basterà più.

….and love is not enough.


sabato 7 settembre 2013

L'orizzonte



"Dicono che il tempo cambi le cose. In realtà devi farlo tu stesso."
A. Warhol
 
Non riesco a stare al passo con gli aggiornamenti del blog, ho una marea di foto e mai abbastanza tempo per scrivere qualcosa. Non riesco a stare al passo neanche con la mia vita, ma quello è un altro discorso.
E’ arrivato settembre, il mese di transizione che ancora brilla dei colori dell’estate pur annunciando l’arrivo imminente dell’autunno. Presto sarà di nuovo freddo, il buio calerà ad accorciare le giornate, la frenesia dell’estate sarà solo un ricordo.

Ho voglia di vedere la nebbia che sale dai campi e di scorgere l’orizzonte ogni volta che mi affaccio alla finestra. Quasi nessuno capisce quanto possa essere traumatico crescere in un posto isolato per più di vent’anni, respirare sempre aria pulita, uscire dalla porta e non incontrare mai nessuno se non il silenzio della natura e lo scodinzolio dei propri animali, ma soprattutto…affacciarsi alla finestra e vedere l’orizzonte. Niente palazzi, traffico, strade, muri. L’orizzonte.
La linea nitida che traccia il confine tra il fango e le stelle. L’abisso invisibile dove il sole va a morire. La culla dorata di ogni nuova alba.

Sì, sembrerò pazza o forse viziata, ma ho capito una cosa semplicissima di cui non posso fare a meno: io esigo vivere dove posso vedere il confine tra cielo e terra.
E voglio il mare, ho bisogno del suo frastuono e della sua immensità. Non mi importa se dall’altra parte c’è solo smog e cemento, ma almeno da una finestra lasciatemi vedere il mare.
Mi sono sempre sentita un animale in gabbia, per le più svariate ragioni. Ma non sapevo che il peggio doveva ancora venire. Soffro, in questa città, in questa micro-casa. Adoro il mio compagno e il nostro modo di stare insieme, ma ho bisogno di sapere che prima o poi ce ne andremo via.
Sono insofferente, succede sempre quando le stagioni cambiano. Devo trovare il modo di adattarmi cambiando pelle, e più gli anni passano e più diventa difficile.

Padova offre molto meno di quanto pensassi. Con il lavoro è sempre la stessa storia: contratti brevi, tirocini senza paga, colloqui su colloqui e sempre quella sensazione di essere falliti pur senza meritarlo.
Cerco di farmi strada in ogni modo, accetto qualsiasi lavoretto, coltivo passioni che potrebbero diventare redditizie, ma non vedo mai la luce in fondo al tunnel. E ovviamente siamo sempre al limite della sopravvivenza. Non so nemmeno come arriveremo alla fine di quest’anno.
Vorrei poter spegnere la testa almeno per un po’. Niente più impegni, responsabilità, pensieri continui e assillanti. Niente vacanze quest’anno: zero soldi. Non mi sono fermata mai. Credo che a breve impazzirò.


A proposito di mare e orizzonti. Dopo assillanti richieste durate circa un anno finalmente ho convinto l’uomo ad andare a Trieste (e con l’occasione vedere anche Duino). Avevo nella mia testa il ricordo di una città stupenda, molto nordica, spaziosa, vivibile, piena di cose da fare e da vedere. E nel cuore la memoria di qualcosa che mi era entrato dentro profondamente, forse per via del vento furioso che agitava il mare, o semplicemente perché mi ero riempita gli occhi di un orizzonte immenso.
In ogni caso, tornarci è stato un sogno. Il mare era placido stavolta, niente onde violente né freddo. C’erano un bel sole estivo e una piacevole brezza. Un paesaggio mozzafiato, un tramonto magnifico, le tracce di colui che porto nel cuore, e la voglia di restare semplicemente per sempre là.

Avere le idee così chiare, su ciò che si desidera e su ciò che si è…una sensazione che non provavo da tanto tempo. Ripercorrere le orme di Rilke ha risvegliato in me la certezza delle mie più profonde radici, e la vista del tramonto sul mare, mentre accanto avevo l’uomo che amo, mi ha dato anche la certezza di come voglio il mio futuro.
Devo imparare a prendermi quello che mi spetta.






































"Gli occhi della principessa bianca hanno dimenticato il mare, non guardano oltre la nera figura dello straniero che resta, al pari di lei, immoto. E il suono dei remi torna a farsi più sommesso e si perde nel frangersi pesante della risacca. La facciata del castello comincia ad estinguersi. Si sente che il sole affonda nel mare."
R. M. Rilke



"A noi resta forse un albero qualunque sul pendio, che ogni giorno rivediamo; ci resta la strada di ieri ed anche il deformato attaccamento ad un’abitudine, che è penetrata in noi, e rimase e non se ne andò."
R. M. Rilke

giovedì 29 agosto 2013

Nine Inch Nails

 
Ho la schiena a pezzi, il collo inchiodato, lividi sparsi….e sono felice.
Il mio compagno di avventura stanotte mi ha salutato con ..e se muoio chissene. Come descrivere meglio di così la situazione?
Senso di appagamento, di aver fatto parte di qualcosa di unico, di aver finalmente realizzato un sogno tanto a lungo inseguito.

Non sarebbero dovuti tornare più a calcare un palco, e invece eccoli lì, a pochi metri da me. Eccolo lì…lui. Anni di genialità e creatività fuori da ogni schema, mischiati agli abissi della mente umana che vengono a galla attraverso parole crude e sincere, urlate addosso a folle di sconosciuti.
Impeccabile, meraviglioso, con il suo sguardo che perfora e la voce che graffia giusto lì dove rimangono le cicatrici di qualche ferita mai dimenticata.

 
Un concerto devastante, superbo, sia visivamente che musicalmente. Tutto curato nei minimi dettagli con estrema puntigliosità obiettiva, eppure il risultato è quello di emozionare un intero palazzetto che per due ore salta e urla e poga senza tregua.
Alla fine dello show ci sono per terra bicchieri, occhiali rotti, cellulari, scarpe, e sul viso di tutti un sorriso e una soddisfazione che faticherò a dimenticare.

Per non parlare di Mike Patton che fa da spalla con i Tomahawk: un portento, un genio folle ed estremamente talentuoso. Spaccano di brutto e mi convincono molto più di quanto abbiano fatto i loro album.
Suonano veramente poco, ma la scena deve essere sua. Questo è il suo momento: niente lo può fermare adesso.

 
Dopo i Tomahawk la pausa, tutti che vanno a prendersi da bere e gironzolano. Nessuno si aspetta che quasi subito, a luci ancora accese e senza alcuna intro, esca fuori Trent da solo, nella distrazione generale, ed inizi a smanettare con la sua tastiera elettronica.
Qualche secondo in cui tutti restano attoniti, poi le ovazioni per ogni membro della band che fa il suo ingresso. La gente inizia a muoversi discretamente, io penso “ecco, vedi? Sono tranquillissimi, potevo portare Reffy!”, ma non faccio in tempo a formulare tutto il pensiero che parte il ritornello e nel giro di una frazione di secondo mi ritrovo un gomito conficcato nella schiena, vedo i bicchieri appena presi pieni di birra che volano, e mi ritrovo in un pogo infernale!
A parte le bestemmie iniziali, è stato favoloso. Sì, è proprio così che me lo immaginavo, e non trovavo un tale coinvolgimento di pubblico ad un concerto da parecchi anni. E’ stato un po’ come ringiovanire!
Ma di certo più blatero e meno rendo l’idea. Non sono sicura di riuscire a descrivere ciò che ho provato, ma sono certa che rimarrà perfettamente impresso dentro di me.

 
Lui non c’era. O forse c’era e non era destino che ci incontrassimo. Sapevo che certe canzoni avrebbero risvegliato i miei fantasmi, e non ho potuto sottrarmi alla vista ravvicinata di quella voragine che ancora rimane aperta e senza risposte. Troppe emozioni rendono vulnerabili, e lo ammetto, ti ho pensato, ho pensato che avrei voluto averti davanti soltanto una volta ancora.

“Non fare la volpe cazzo, smettila di fare la volpe..” – e mentre mi ripeto queste parole partono le prime note di Only.
Sorrido con tutta me stessa, e ringrazio l’uomo che cantando ferisce e al contempo ripara. E’ la canzone giusta al momento giusto.
Già una volta mi ha tirato fuori dal baratro, ed è incredibile…funziona. Inizio a saltare, urlo il testo a squarciagola e mi lascio “cullare” dalle ondate violente della folla. Tu non esisti, ci sono solo io.

 
"Beneath the stains of time the feelings disappear.
You are someone else I am still right here."

Le nuvole arrivano, passano, e resta solo la sensazione di aver vissuto un sogno. E’ finito, e mi rattrista perché so che domani mi mancherà l’attesa di qualcosa di bello che ormai si è compiuto, ma al tempo stesso ho voglia di tornare a casa, dall’uomo che amo, nella mia tana, alla mia vita che ho costruito dopo la tempesta e che adesso sembra reggere così bene.

Deve saperlo perfettamente anche lui che ci si può sempre rialzare, non importa quante cose si siano dovute sopportare.
Nothing can stop me now.


 Un saluto da Patton ;)